DALLA GUINEA BISSAU, P. ALBERTO ZAMBERLETTI
Il
"Progetto K085" «Recupero dei bambini denutriti in Guinea-Bissau»
si è concluso, dopo tre anni,
grazie ai contributi ricevuti da tanta gente sensibile al problema.
Abbiamo chiesto a padre Alberto Zamberletti, che lo ha avviato e seguito,
quali sono i risultati raggiunti.
A cura della
Redazione
("Missionari del
Pime", Gennaio 2008)
Padre Alberto Zamberletti, che cosa significa concretamente che il progetto per il recupero dei bambini denutriti della Guinea-Bissau è "concluso"?
Certamente non vuol dire che
non ci sono più bambini denutriti in Guinea-Bissau. Di fatto le statistiche del
Paese danno ancora queste cifre: la mortalità infantile è intorno al 203 per
mille, cioè un bambino su cinque muore prima di arrivare al quinto
compleanno. La malaria è la principale causa di mortalità, soprattutto
infantile. Le altre malattie mortali per i bambini sono, in combinazione con la
malnutrizione, diarrea, morbillo, polmonite e infezioni respiratorie acute. Il
25% dei piccoli sotto i cinque anni è sottopeso, il 30,4% presenta un ritardo
nella crescita.
Inoltre, nonostante il progetto sia concluso, i ventotto "Centri di
Recupero Nutrizionali" (CRN), attualmente gestiti dalla "Caritas
Guinea-Bissau", continuano ad assistere bambini malnutriti e a rischio di
malnutrizione. Funzionano ancora a pieno ritmo, anche se con qualche difficoltà
dovuta ai cambiamenti avvenuti da un anno a questa parte: cambio di personale a
tutti i livelli, nuovi "partner" per la collaborazione, nuove
metodologie. A questo proposito occorre tener presente che la Chiesa locale è l’unica
entità del Paese a occuparsi concretamente dei bambini denutriti e non arriva a
dare copertura al problema nazionale.
Quali sono gli obiettivi raggiunti?
Gli obiettivi del progetto
erano: garantire ai bambini di 0-4 mesi, con rischio di malnutrizione, il latte
supplementare per la prima infanzia; fornire i ventotto "Centri di Recupero
Nutrizionale" (CRN) di latte e zucchero per la riabilitazione di mille
bambini gravemente malnutriti, in un anno; formare il personale volontario dei
"Centri" e le mamme dei bambini sui metodi di vigilanza e di ricupero
nutrizionale.
Se nel 2004, all’inizio del progetto, i bambini ricevuti nei CRN erano 2.258,
tre anni dopo il loro numero è sceso a 1.848. Questa diminuzione è segno di un
lavoro qualitativamente valido. Inoltre, il personale è meglio preparato per
attendere i bambini denutriti e il tempo di permanenza di un bambino nel CRN per
il suo recupero nutrizionale tende a diminuire da otto a sei settimane, in
media.
Concretamente, i risultati raggiunti sono: bambini ricuperati 58%, deceduti
5,7%, trasferiti in unità superiore 20,2 %, che hanno abbandonato il programma
16,1%. Se consideriamo le condizioni di partenza in cui vengono accolti i
bambini nei CRN, il recupero del 58% di questo gruppo vulnerabile è da
ritenersi un successo. Non tutte le mamme riescono a restare sei-otto settimane
presso un CRN e lontano dal proprio villaggio, dove normalmente rimangono gli
altri figli con il marito. Perciò il tasso di abbandono risulta abbastanza
elevato. Un quinto dei bambini accusa uno stato nutrizionale complicato e
richiede un centro più specializzato per il suo trattamento.
Qual è ora la situazione dei bambini che avete seguito?
Tutti i bambini che vengono dimessi dal "Centro" in buono stato nutrizionale continuano a essere seguiti dall’"équipe" di "Vigilanza Nutrizionale" che passa regolarmente in ogni villaggio per valutare lo stato nutrizionale delle comunità. Un’attenzione speciale è data ai bambini più fragili. Questo controllo dura circa un anno e continua con intervalli di tempo più dilazionati fino al raggiungimento del quinto anno di età. Uno studio realizzato su un campione di trecento bambini ha dimostrato che la sopravvivenza fino a tre anni dalla dimissione è praticamente assicurata. Le mamme dei bambini denutriti hanno appreso nel "Centro" ad affrontare le nuove situazioni di rischio per i propri figli, utilizzando risorse locali (per esempio: pappe di cereali, frutta e verdure coltivate nel villaggio).
Che cosa sarebbe necessario fare per risolvere alla radice il problema della denutrizione?
L’esperienza maturata nei trentatré anni in cui mi sono occupato di questo problema in Africa e le iniziative prese in vari "Centri di Ricupero Nutrizionali" mi hanno suggerito che è importante abilitare e sostenere tutte le formazioni sanitarie di base del Paese nel trattamento e prevenzione dei casi di denutrizione nei bambini, il più vicino possibile al proprio domicilio. Oltre a ciò è fondamentale promuovere la produzione e l’utilizzazione dei prodotti locali. Infine, è utile sostenere iniziative che comportino un pacchetto minimo integrato di interventi capillari a basso costo quali la disponibilità di medicinali di base, soprattutto quelli per le malattie dell’infanzia; l’accesso alle vaccinazioni; la formazione di agenti sanitari di base, volontari nelle comunità; la disponibilità e utilizzazione di zanzariere "antimalaria" trattate con insetticida; l’offerta e l’utilizzazione di servizi di assistenza pre e post-natale. A tale scopo è imprescindibile coinvolgere tutti i settori statali e della società civile, incluse le differenti istituzioni religiose (cristiane e non), nella promozione di una buona nutrizione soprattutto per le persone più vulnerabili.