Sessant’anni
nel Paese del "Sol Levante"!
Nel 2010, il
"Pime" celebra i suoi sessant’anni di presenza in Giappone.
Un "visitatore" d’eccezione, Padre Alberto Zamberletti,
ci racconta le sue impressioni e descrive la realtà della "missione",
in questo affascinante "Paese" dell’"Estremo Oriente".
P.
ALBERTO ZAMBERLETTI
("Missionari
del Pime", Settembre 2010)
Sono partito il 28 Maggio da
Fiumicino, alla volta di Tokyo, su invito del Superiore Regionale per predicare
gli Esercizi Spirituali dei 21 Missionari del "Pime"
presenti in Giappone.
Ero anche curioso di scoprire un popolo e una missione completamente diversi
dagli scenari Africani
a cui ero abituato da quasi 40 anni. Sono tornato a casa con la netta sensazione
che il Giappone mi manca. L’efficienza e la gentilezza tanto dei Missionari
quanto della popolazione locale hanno reso il mio viaggio particolarmente
emozionante.
Per molti aspetti il Giappone è considerato un Paese misterioso e difficile da
penetrare. Lo sanno bene i nostri Missionari, che per leggere e capire i
rudimenti della scrittura devono frequentare due anni di Corsi Universitari.
Altri tre ne servono per essere fluenti nel comunicare. Tuttavia il Giappone
mantiene un fascino di tradizioni millenarie e paesaggi naturali che infondono
un senso di tranquillità e pace.
Pur trattandosi di un Arcipelago formato da 4 Isole principali, le grandi
distanze che separano le nostre missioni vengono facilmente superate dalla
disponibilità dei mezzi di trasporto. Le presenze missionarie del
"Pime" si distribuiscono in 5 delle 16 Diocesi del Paese: Yokoama,
Hiroshima,
Fukuoka,
Saitama
e Tokyo.
Sono ancora abbastanza numerose le presenze missionarie nella vasta Diocesi di
Yokoama, il Piano Pastorale è sempre ben organizzato e le responsabilità
distribuite in seno alla Comunità
Cristiana. Quello
che mi ha impressionato è l’impegno dei laici nelle Parrocchie, sia nella
collaborazione ai vari servizi che nella partecipazione finanziaria.
Un’attenzione particolare ha meritato la Diocesi di Hiroshima dove, con i due
missionari del Pime che vi lavorano, ho potuto incontrare il Vescovo e visitare
la Cattedrale, Memoriale per la Pace nel mondo, il Monumento e il Museo della
Pace.
La Diocesi di Fukuoka si trova nell’Isola di Kyushu,
dove San
Francesco Saverio
ha portato il Vangelo nel Secolo XVI. Nagasaki è il centro storico delle prime
Comunità Cristiane dell’Estremo Oriente. Qui l’esempio di tanti gloriosi Martiri
ha mantenuto e fatto crescere lo spirito missionario. Nella diocesi di Fukuoka
tanti Missionari del "Pime" lavorano da ormai sessant’anni e
continuano l’opera di evangelizzazione con spirito di grande abnegazione anche
in età avanzata.
I giovani Missionari presenti nella Diocesi di Saitama sottolineano la
necessità di un’apertura maggiore della Chiesa
Giapponese ai
problemi sociali. Pur essendo impegnati nel Ministero delle Parrocchie a loro
affidate, ascoltano i bisogni della gente anche in quelle aree di frontiera dove
le persone soffrono pur vivendo in una società apparentemente
"perfetta".
Tokyo è una metropoli molto estesa lungo la Costa Orientale dell’Isola. La
sua popolazione, comprese le periferie, è di 35 milioni di persone, quasi il
30% della totale popolazione del Paese. Ogni area presenta le sue
caratteristiche e ognuna è come una piccola città: Shibuya, Shinjuku,
Asakusa, affascinante soprattutto per il più antico Tempio della città
dedicato alla Dea Kannon.
Chi vive in Giappone è affascinato non solo dalla sua bellezza materiale ma
anche da quella spirituale. Nella tradizione Giapponese convivono due
insegnamenti di alta levatura spirituale: Shintoismo e Buddhismo. In tutti i
grandi centri urbani e in particolari luoghi significativi del territorio
Giapponese (ad esempio, sul Monte Fuji) è facile incontrare Templi Buddhisti e
Shintoisti. Alcuni nostri Missionari si sono dedicati a uno studio approfondito
di questi pensieri e partecipano alla Commissione Inter-diocesana di Dialogo
Inter-religioso.
Se da una parte l’attenzione verso gli altri ha sviluppato nel Giapponese
tante forme di gentilezza e un forte senso del bene comune, tuttavia sussistono
non pochi aspetti problematici.
La solitudine è uno dei grandi rischi a cui vanno incontro le persone
Giapponesi in varie fasi della loro vita. A poco valgono la programmazione e la
pianificazione che rasentano il perfezionismo e rischiano di soffocare la
libertà e l’iniziativa personale.
La Chiesa Cattolica, pur presentando numeri piccoli, non si considera per nulla
insignificante, né tanto meno fallita. I Missionari del Pime continuano da
sessant’anni la loro presenza in questo mondo estremamente tecnologizzato e
ricco non solo economicamente ma anche culturalmente con la piena coscienza di
essere nella missione "ideale" come un piccolo seme di speranza.
Quale futuro per il "Pime" in Giappone?
Nella sua presenza in Giappone,
il "Pime" ha attraversato varie fasi...
1) Il tempo del "dissodamento" (1951-1971): si iniziò in due Province
di "periferia". A Saga, nel Sud (Isola del Kyushu), le due Parrocchie
iniziali ben presto divennero sette; a Kofu – quasi al centro del Giappone,
non lontano da Tokyo – vi era una sola Parrocchia e ben presto divennero
quattro. Fu un tempo di difficoltà, ma anche di grande entusiasmo nel lavoro
missionario: costruzioni di Chiese, Asili, case, Centri Sociali, fondazione di
nuove Comunità Cristiane.
2) La fase delle "vie nuove"(1972-1983). La condizione economica del
Giappone cambia a un ritmo accelerato, grazie anche alle nuove infrastrutture
introdotte dagli Americani per sostenere la Guerra in Vietnam, e tutta la
società ne risente. Con il nuovo benessere, le conversioni iniziano a
diminuire. Sotto la spinta del "Vaticano II", i giovani Missionari
vogliono uscire dallo schema della piccola Parrocchia con poche decine di
fedeli. Si tentano "vie nuove" per aver maggior contatto con la vita
della gente, con il mondo del lavoro, dei "media".
3) Una terza fase (1984-2000) è di graduale affidamento delle attività
missionarie all’Autorità Diocesana. Gli Istituti Missionari spingono perché
i Vescovi assumano la direzione globale del lavoro e pian piano Missionari
stranieri e Preti locali cominciano a operare insieme. Da allora anche i Padri
del "Pime" iniziano a lavorare in nuove Parrocchie, accanto a
Sacerdoti Giapponesi.
4) La fase attuale: da poco prima del 2000 ad oggi, nuove situazioni sfidano la
Chiesa e i Missionari. Anzitutto, il numero dei Missionari stranieri è
drasticamente calato: non però per quelli del "Pime" che sono
tuttora, come sempre, sopra la ventina.
La "policy" di estendere la presenza del Missionario anche nei centri
minori non è più sostenibile; ci si deve ritirare nei grossi centri. Un altro
nuovo problema è costituito dall’immigrazione. Dopo la Guerra, molti
Giapponesi erano emigrati in America Latina. Verso la metà degli "Anni
Novanta", inizia il fenomeno contrario: la prosperità economica del
Giappone e la scarsità di manodopera a basso costo spingono un numero sempre
maggiore di lavoratori ad entrare in Giappone. Molti di questi immigrati sono
Cristiani (si stima che la metà siano Cattolici). Con il risultato che, là
dove sono concentrati, perché ci sono le fabbriche o i cantieri, diventano una
maggioranza spesso esuberante e dinamica, e i fedeli Giapponesi, pochi e
riservati nel comportamento, si trovano stranieri in casa loro. Si aggiunga che
i Preti Giapponesi non hanno facilità per le lingue Latine, per cui sono
tentati di demandare la cura di questi immigrati ai Missionari stranieri.
Attualmente i Missionari del "Pime" devono usare tre lingue: il
Giapponese, lo Spagnolo (e magari anche il Portoghese per i Brasiliani), l’Inglese
per i Filippini.
Ora il Giappone sta vivendo una crisi economica (e politica) più forte della
nostra: "vivere" è sempre più stressante per tutti. Cosa potranno
fare i Missionari per il Giappone? Il vero scopo della missione è portare ogni
singola persona a percepire che la fondamentale soluzione ai problemi umani
viene dalla fede in Gesù; ma per arrivarci, quali sono le vie più efficaci?
Il Giappone resta dunque, con il suo immutabile "fascino", un terreno
di grandi sfide!