Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo
fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha
da mangiare, faccia altrettanto ».(...) Poiché il popolo era in attesa e
tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il
Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene
colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei
sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per
pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la
paglia con un fuoco inestinguibile ». Con molte altre esortazioni Giovanni
evangelizzava il popolo.
«Esulterà, si rallegrerà, griderà di gioia per te, come nei giorni
di festa». Nelle parole del profeta, Dio danza di gioia per l’uomo. Sofonia
racconta un Dio felice il cui grido di festa attraversa questo tempo d’avvento
e ogni tempo dell’uomo e ripete, a me, a te, ad ogni creatura: «tu mi fai
felice». Tu, festa di Dio.
Dio seduce proprio perché parla il linguaggio della gioia, perché «il
problema della vita coincide con quello della felicità» (Nietzsche). Mai nella
Bibbia Dio aveva gridato. Aveva parlato, sussurrato, tuonato, aveva la voce dei
sogni; solo qui, solo per amore Dio grida. Non per minacciare, solo per amare.
Mentre il profeta intuisce la danza dei cieli e intona il canto dell’amore
felice, il Battista risponde alla domanda più feriale, che sa di mani e di
fatica e incide nei giorni: «che cosa dobbiamo fare? » . E l’uomo che non
possiede nemmeno una veste degna di questo nome, risponde: «chi ha due vestiti
ne dia uno a chi non ce l’ha».
Colui che si nutre del nulla che offre il deserto, cavallette e miele
selvatico, risponde: « chi ha da mangiare ne dia a chi non ne ha » . Nell’ingranaggio
del mondo Giovanni getta un verbo forte, «dare». Il primo verbo di un futuro
nuovo.
In tutto il Vangelo il verbo amare si traduce con il verbo dare (non c’è
amore più grande che dare la vita; chiunque avrà dato anche solo un bicchiere
d’acqua fresca; c’è più gioia nel dare che nel ricevere…). È legge
della vita: per stare bene l’uomo deve dare.
Vengono pubblicani e soldati, pilastri del potere: «e noi che cosa
faremo? » . «Non prendete, non estorcete nulla, non accumulate ». Tre
risposte per un programma unico: tessere il mondo della fraternità, costruire
una terra da cui salga giustizia. Il profeta sa che Dio si trasmette attraverso
un atteggiamento di rispetto e di venerazione verso tutti gli uomini, e si
trasmette come energia liberatrice dalle ombre della paura che invecchiano il
cuore. L’amore rinnova, la paura invecchia il cuore. «E io, che cosa devo
fare?». Non di grandi profeti abbiamo bisogno ma di tanti piccoli profeti, che
là dove sono chiamati a vivere, anche non visti, giorno per giorno, siano
generosi di giustizia, di pace, di onestà, che sappiano dialogare con l’essenza
dell’uomo, portando se non la Parola di Dio almeno il suo respiro alto dentro
le cose di ogni giorno.
Allora, a cominciare da te, si riprende a tessere il tessuto buono del
mondo.