INTERVISTA

PRECEDENTE     «Troppi "sprovveduti" in giro per sentieri»     SEGUENTE

Semplici, ma fondamentali "consigli", "firmati" da Mauro Corona, alpinista e scrittore.

Mauro Corona, sui monti con un piccolo amico...

Da Erto (Pn), Francesco Dal Mas
("Avvenire", 11/8/’09)

Sono stati una cinquantina i morti sulle "Dolomiti" e dintorni, dall’inizio dell’anno. Tra il Veneto, il Trentino Alto Adige ed il Friuli le vittime sono aumentate del 35% rispetto ai primi 7 mesi dell’anno scorso. Che cosa sta a significare? «Non si è ancora imparato che non bisogna mai dare spago alla montagna». Parola di Mauro Corona, conosciuto come scrittore di successo, ma anche provetto alpinista oltre che bravo scultore. Corona abita ad Erto, in faccia al Monte Toc, da cui si staccò la frana che piombò nella diga del Vajont.

Perché si dà troppo spago alla montagna?

Perché non la si conosce. Bisognerebbe insegnarla a scuola.

Insegnare che cosa?

Non solo come si arrampica, ma anche come si cammina in montagna. Non lo sanno, a volte, neppure coloro che la abitano. Lo testimonia l’ultima tragedia, nel Lecchese.

Per la verità, tra i morti delle settimane scorse ci sono anche "guide", che la montagna la conoscevano come le proprie tasche…

Appunto. Sia la "cordata" che la "scarpinata" vanno affrontate con la necessaria umiltà.

Che cosa significa?

Si sa che il pericolo è maggiore quando le previsioni danno imminente il "maltempo". Eppure c’è stato un ottimo alpinista morto dalle nostre parti perché se la sentiva di sfidare anche le "intemperie".

I semplici "escursionisti", quindi, debbono avere un’attenzione ancora più puntuale…

Certo. Nello zaino non vogliono portare la giacca a vento perché è ingombrante e la giornata è splendida? Si attrezzino di un sacco (vuoto, naturalmente) delle "immondizie", 10 grammi di peso, e quando comincia a gocciolare improvvisamente o a fare freddo lo indossino. Non dimentichino un accendino, meglio ancora un mozzicone di candela, per accenderla se si perdono di notte. Riferiscano a chi di dovere dove vanno e non abbandonino mai il sentiero. Non si inoltrino da soli in aree che non conoscono.

Si direbbero suggerimenti fin troppo banali per chi va in montagna…

Ciò che sembra banale a valle non lo è in quota. Gli alpinisti sono soliti fare in "cordata" la cosiddetta progressione in conserva. Io di "cordate" ne ho fatte parecchie, con Manolo, ad esempio. Ma entrambi ci siamo rifiutati di procedere legati in determinate situazioni, perché basta l’errore più banale perché uno tiri giù l’altro.

È vero che in questa stagione i sentieri sono in condizioni "precarie" e sono stati la causa di parecchie "sciagure"?

Le abbondanti nevicate li hanno danneggiati, distrutti; sono venute giù slavine, ci sono stati smottamenti. È difficile, per non dire proibitivo, attraversare questi pendii senza traccia per mettere i piedi.
Prima di salire bisogna sempre chiedere se ci sono problemi. Oggi, invece, troppa gente si alza al mattino, vede che c’è bel tempo, e si fionda in alto. Magari in scarpe da ginnastica. Quest’anno, fra l’altro, le terre alte attirano perché costano meno di quelle basse, il mare. Ma l’inesperienza fa, appunto, la differenza.

Pochi si fanno l’assicurazione per salire in quota. Il "soccorso alpino", specie quello con l’elicottero (costo 72 euro al minuto), lamenta che c’è un 30% di persone da loro raggiunte e trasportate a valle che non pagano il conto (il che avviene quando non ci sono ragioni "sanitarie"). Lei trova opportuno responsabilizzarsi con l’assicurazione?

È evidente. A meno che non si accetti di pagare di tasca propria. Ma abbiamo visto anche sulle "Dolomiti" che c’è chi ricorre addirittura al "Capo dello Stato" per non pagare il conto.