DAL CAMERUN,
P. DANILO FENAROLI
Per donare speranza: «Dammi da bere»
Circa 2000 anni fa, una stella annunciava che a Betlemme era nato il Messia,
il salvatore del mondo.
I suoi genitori non erano stati accolti molto bene dagli abitanti del villaggio.
Alla fine però, anche loro avevano trovato una
grotta, un rifugio.
Da quel giorno, il villaggio di Betlemme è diventato un simbolo
per tante persone in cerca di accoglienza.
Questa storia si ripete anche oggi in Africa, nel Nord del Camerun,
grazie a
padre Danilo.
A cura di Fabio Mussi
("Missionari del Pime", Dicembre 2006)
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Il "Centro Betlemme": un impegno per la vita
La vita di padre Danilo
Fenaroli, nato 46 anni fa a Predore nella provincia e
diocesi di Bergamo, è un cammino che può indicare a molti cosa si può fare se
ci si impegna veramente, e con costanza, per gli altri. Nel 1991 padre Danilo
arriva in Camerun dopo alcuni anni di esperienza missionaria in Costa d’Avorio,
dove aveva già iniziato a occuparsi degli emarginati. Successivamente, nel 1998
presso il villaggio di Mouda, avvia il «Centro Betlemme» con la finalità di
creare un «luogo di accoglienza» per tutte le categorie di persone abbandonate
dagli altri. Dopo circa 20 anni, il Centro è ormai diventato un grande
villaggio, integrato nell’ambiente sociale e culturale della regione dell’Estremo
Nord del Camerun.
In questi anni il Centro ha sviluppato diverse iniziative specifiche, come il
recupero fisico dei disabili, l’accoglienza di neonati e bambini orfani, donne
emarginate, ragazzi di strada o usciti dalla prigione, giovani non alfabetizzati
in cerca di una formazione professionale. Padre Danilo non può gestire tutto
questo da solo e, molto saggiamente, ha cercato validi collaboratori sia in
Camerun che all’estero. A tutti propone un coinvolgimento a tempo pieno a
favore di queste persone che dalla vita hanno ricevuto molte prove.
Uno sguardo al futuro: Progetto "Acqua è vita"
Ultimo, almeno per il momento, è il settore che si occupa dell’acqua
potabile. In Africa solo un abitante su quattro ha la possibilità di avere un
rubinetto nel cortile di casa. Gli altri tre devono percorrere più di un
chilometro per procurarsi la quantità minima giornaliera di 20 litri d’acqua
non contaminata. Se pensiamo che in Europa l’acqua è disponibile in casa e il
consumo medio giornaliero è di almeno 150 litri, la differenza appare molto
chiara.
Padre Danilo ha capito che bisognava fare qualcosa. Innanzitutto ha organizzato
tre "équipes" per scavare manualmente dei pozzi. In un anno ne hanno
scavati ben venti. Ma non era sufficiente. Ha quindi chiesto aiuto. Così sono
arrivati dall’Italia tre grossi camion con le attrezzature per la
trivellazione. Ha poi organizzato, grazie all’amicizia e collaborazione di un
ingegnere italiano, una piccola, ma ben equipaggiata, officina che
"costruisce" delle nuove pompe "Betlemme" con cui attrezzare
i pozzi. In questo modo ha iniziato una serie di attività che potranno dare
lavoro e dignità a diversi giovani formati attraverso i corsi professionali.
Nel primo anno di lavoro sono state realizzate ben 14 trivellazioni, sparse su
una regione molto ampia del Nord Camerun. Basti pensare che tra le due
trivellazioni più distanti ci sono oltre 300 Km. I risultati positivi ottenuti
nel primo anno di lavoro hanno procurato 19 nuove richieste per i prossimi 12
mesi.
Un lavoro d’insieme
Molte volte il segreto di una buona riuscita è la capacità di saper
condividere gli sforzi e le risorse con altri. Ciascuno, preso singolarmente,
non sarebbe capace di ottenere un risultato così impegnativo. Invece l’esperienza
insegna che, coordinando gli sforzi, anche un sogno può diventare realtà.
Grazie al fatto che molte persone hanno condiviso una scelta concreta di
solidarietà, e hanno intrapreso un faticoso cammino assieme ad altri per la
realizzazione di questo progetto.
Come è avvenuto per i primi 14 interventi, anche negli altri villaggi si chiede
una modesta, ma significativa, partecipazione finanziaria della popolazione.
Senza questo contributo economico non è possibile iniziare i lavori, perché
sarebbero visti non come una conquista guadagnata con qualche sforzo, ma come un
regalo non desiderato. D’altra parte, se si facesse pagare il costo reale
della perforazione, solo i villaggi più ricchi potrebbero disporre di questa
opportunità, e si rischierebbe di creare una nuova disuguaglianza e ingiustizia
sociale. Il risultato è stato frutto di una mediazione: il contributo della
popolazione locale, pur costituendo un grosso sforzo, coprirà solo il 10 per
cento del costo reale di ogni perforazione. Questa scelta intelligente richiede
però che qualcun altro fornisca il restante 90 per cento del costo dell’operazione.
In mancanza di queste risorse economiche e tecniche, neppure le capacità di
padre Danilo vi saprebbero far fronte in modo adeguato. È qui che entra in
gioco la "solidarietà internazionale", quella spicciola di ognuno di
noi.
Quello di padre Danilo Fenaroli non è un caso isolato. Molti missionari, in
Camerun come in altri Paesi del Sud del mondo, sono impegnati in iniziative
simili. Spesso hanno mezzi e risorse molto limitate perché devono superare
situazioni e condizioni ambientali molto difficili. Dare una mano e un aiuto per
risolvere questa esigenza primaria dell’uomo è un dovere di tutti. Sembra
proprio che il racconto evangelico della Samaritana, applicato e vissuto
concretamente da chi si sforza di vivere con coerenza la propria appartenenza
alla Chiesa di Cristo, permette di cogliere con grande gioia l’invito:
"Dammi da bere!". L’Acqua viva donata da Gesù diviene così ciò
che è più prezioso e più vitale per ogni uomo, per ogni cristiano e per la
Chiesa da Lui voluta.
In ogni caso, motivati da valori di solidarietà umana o cristiana, l’importante
è non chiudere gli occhi davanti ai bisogni delle persone che vivono solo a
qualche migliaio di chilometri da noi.
(Per sostenere questo progetto è possibile fare un versamento libero sul conto corrente postale n. 39208202 intestato a: PIMEdit Onlus, citando il riferimento: S028).