INTERVISTA

RITAGLI    «La risposta è soltanto una:    MISSIONE AMICIZIA
investire nell’educazione»

Padre Piero Gheddo:
la grave situazione dell’analfabetismo è legata a "filo doppio"
alla mancanza di democrazia,
perché l’arretratezza impedisce la formazione di un’opinione pubblica
capace di incidere.

Paolo Lambruschi
("Avvenire", 12/10/’07)

La guerra, spesso dimenticata e combattuta contro i civili, e la corruzione del potere non sono gli unici mali dell’Africa. Anche se, sommati, sottraggono al "continente" nero 31 miliardi di dollari di risorse all’anno. Impressionato dalle cifre diffuse ieri dal rapporto di "Oxfam" e dai dati del rapporto "Unctad", padre Piero Gheddo, missionario e giornalista, aggiunge altre due "piaghe".
«La mancanza di democrazia e le lacune educative sono cause della povertà e dell’arretratezza. Difficilmente, infatti, in Africa scoppiano guerre in Stati retti da un sistema democratico. Anche se non sono democrazie di stampo occidentale, laddove il livello è decente i governanti eletti liberamente lavorano per il bene del popolo. Certo, l’Africa viene saccheggiata e spogliata delle sue risorse dal Nord, scoppiano le guerre per il controllo delle materie prime e per il potere che lasciano cicatrici profonde bloccando lo sviluppo. Ma non dimentichiamo le responsabilità dei politici locali. Per queste ragioni gli aiuti, almeno quelli pubblici, non creano sviluppo».

E il problema educativo?

«In molti Paesi africani l’analfabetismo tocca punte del 50% ed è collegato alla mancanza di democrazia. Il problema è molto forte nelle aree rurali, dove anche chi va a scuola in genere è costretto a lasciare gli studi troppo presto. Questa situazione di grave arretratezza impedisce la formazione di un’opinione pubblica capace di informarsi e di una società civile organizzata in grado di fare da "contraltare" al potere. Di opporsi alle guerre e denunciare la corruzione. Solo le classi agiate vanno avanti negli studi, generalmente frequentando costose università europee o americane».

Perché c’è questa "fuga" di capitali e per ogni banconota che entra in Africa ne escono due?

«Fondamentalmente per questo abisso nell’accesso all’istruzione, ignorato dai Paesi ricchi, che non credono molto ai programmi educativi. Con gli aiuti allo sviluppo in genere finanziano le proprie aziende e le iniziative commerciali. E così, grazie anche alla corruzione, i soldi non vengono destinati ai poveri, come dimostrano i dati delle "Nazioni Unite", ma sono intascati dal "clan" al potere.
Il denaro è inutile se mancano trasparenza e controllo democratico».

E gli organismi legati alle "Nazioni Unite" sono secondo lei esenti da critiche?

«No. I costi del personale sono alti, sfiorano il 70-80% del loro bilancio. Tuttavia, a differenza dei progetti della cooperazione governativa, che spesso producono "cattedrali nel deserto", qualche risultato l’hanno ottenuto. Comunque l’Africa si alzerà in piedi quando avrà risolto il problema educativo, quella per me resta la priorità».

Ma perché il Nord continua a trascurare questa "piaga"?

«Investire sull’educazione richiede molta pazienza e fatica, spesso non basta tutta la vita di un missionario per cambiare la mentalità nelle zone più arretrate. Diversi missionari mi hanno raccontato che per creare una cooperativa di pescatori in villaggi costieri dove la pesca non è diffusa ci impiegano anni. Devono prima convincere gli anziani se non vogliono che i progetti vengano "boicottati". Quando penso a questo problema, mi viene in mente l’immagine della donna africana che si sposta trasportando le proprie cose sulla testa. Potrebbe farle portare dagli animali, ma la tradizione vuole così e va rispettata, Anche questa è l’Africa, non scordiamolo».

Come valuta l’opera delle "Ong", specialmente quelle di ispirazione cristiana?

«Certamente la carità e il Vangelo sono due cardini dello sviluppo. Oggi serve un "colpo d’ala", l’Africa e la sua gente hanno bisogno di altri giovani che scelgano di dedicare la propria vita alla causa. Nuovi volontari, cooperanti e, naturalmente, missionari».