Le responsabilità europee sull'Africa
Il
sottosviluppo non viene dalla mancanza di soldi,
ma dai danni delle ideologie…
P.
Piero Gheddo*
("Mondo e
Missione", Dicembre 2007)
Di tanto in tanto, vengo
«provocato» nel corso di incontri o dibattiti, a parlare di un tema spinoso
quale la colonizzazione dei Paesi poveri. Talvolta si rivolgono a me per un
parere studenti o amici. Massimo Ciacchini di Livorno, ad esempio, mi scrive:
«Caro padre, lei ha viaggiato molto in Africa
e la studia da tanti anni. Le chiedo un favore. Mio figlio deve fare una tesina
sulla colonizzazione e decolonizzazione del continente africano. Gli dia qualche
idea su cui lavorare». Conosco abbastanza l’Africa, credo di averne visitato
una trentina di Paesi e alcuni più volte, ma non ho scritto nulla di specifico
sull’argomento colonizzazione e decolonizzazione, anche se in diversi miei
libri ho toccato il tema. Nel corso degli anni, ho maturato alcune idee
generali, che provo qui ad esporre.
1) La colonizzazione è stata un fenomeno storico ambivalente. Da un lato
possiamo considerarlo molto positivo: ha aperto i popoli a quello che è il
mondo moderno con i diritti dell’uomo e della donna, il progresso
"tecnico-scientifico", la democrazia, la scuola e la medicina moderne,
ecc. Il cosiddetto «mondo moderno» è nato in
Europa
da radici cristiane e poi
è stato diffuso dagli europei, spesso con metodi disumani come lo schiavismo in
Africa. Dall’altro lato la colonizzazione è stato un fenomeno negativo
perché i colonizzatori non hanno formato una classe media capace di sostenere
il proprio Paese; inoltre, hanno portato il mondo moderno, ma non l’esempio di
Cristo e il Vangelo; o meglio, i missionari hanno testimoniato il Vangelo e la
carità cristiana, ma in misura minima rispetto al fenomeno complessivo della
colonizzazione in Africa.
2) Anche la "decolonizzazione" dell’Africa dopo la seconda guerra
mondiale, quando l’Occidente era stremato e i popoli ormai coscienti del
diritto all’indipendenza (almeno le poche "élites" istruite), è
stato un fenomeno con luci e ombre. Positivo da un lato, perché ha ridato ai
popoli africani la loro libertà; ma negativo dall’altro perché l’ha fatto
senza preoccuparsi troppo di cosa sarebbe successo dopo! Non pochi Paesi dell’Africa
nera all’indomani dell’indipendenza sono precipitati in dittature personali
o di etnia, in regimi comunisti che hanno peggiorato i danni della
colonizzazione, creando Paesi che da molti anni vivono nel "caos" o nella
guerriglia (la
Somalia
è un esempio, ma purtroppo non è il solo!).
3) Oggi dovremmo riparare i danni della colonizzazione troppo egoista e della decolonizzazione troppo rapida e senza quasi preparazione dei popoli
all’indipendenza. Esempio classico il Congo belga (oggi Repubblica democratica
del Congo), esteso sette volte l’Italia e con 15 milioni di abitanti nel 1960.
Il 1° luglio di quell’anno giunge all’indipendenza con soli 14 laureati,
alcuni dei quali purtroppo educati a Mosca all’odio verso l’Occidente. Sale
al potere uno di questi, Patrice Lumumba, che una settimana dopo l’indipendenza
espelle tutti gli stranieri e specialmente i belgi che tenevano in piedi l’economia,
i trasporti, gli aerei, le banche, i commerci internazionali, la medicina e gli
ospedali, le scuole superiori, la polizia e l’esercito, ecc. In un mese il
Congo
è precipitato nel "caos"! Non si parla mai dei danni gravissimi che un’ideologia
disumana come il comunismo, sostenuto dalle sinistre europee, ha prodotto in
Africa.
In Europa oggi, quando si tratta di aiutare i Paesi poveri parliamo sempre e
solo di soldi: debito estero, prezzi materie prime, giustizia internazionale,
piani di sviluppo, ecc. Ma il sottosviluppo non viene dalla mancanza di soldi,
bensì dalla mancanza di educazione del popolo, da culture e mentalità e
religioni non ancora evolutesi (ad esempio l’islam), di strutture sociali non
adeguate ecc. Lo sviluppo viene anzitutto dall’educazione, dalla libertà di
pensiero e di religione. Quindi non basta mandare molti soldi (anche se bisogna
continuare a farlo). Non può bastare. Il vero problema è di aiutare i governi
ad educare i loro popoli, anche inviando personale scolastico, medico, tecnico
che si adatti a vivere a livello di popolo e ad educarlo. È quello che fanno i
missionari e i volontari laici, che donano la vita o qualche anno della loro
esistenza. Ma questi sono ignorati dai "mass media"! D’altra parte, come si fa a
mandare volontari, missionari, operatori sociali, se non abbiamo più una vita
cristiana in Italia e diminuiscono le famiglie cristiane?
* Giornalista e
scrittore
( www.gheddopiero.it
)