La vita delle donne nel Sud del mondo è diversa da quella in Occidente.
Spesso lontane dal progresso e dall’emancipazione,
fanno delle emozioni e dei sentimenti i "cardini" della loro
esistenza.
Lidia Pomati
("Missionari del Pime", Marzo 2008)
Le puoi trovare in territori stupendi, in contesti armoniosi, ma spesso
queste donne coraggiose nascono e vivono in luoghi contaminati dal degrado, dove
la povertà, la sofferenza, la violenza, la schiavitù la fanno da padroni e la
"sopraffazione" sembra prevalere ovunque. Eppure la loro forza è
straordinaria, creativa, paziente, generosa e per vocazione rivolta al bene
della famiglia, alla crescita dei figli, alla mediazione tra conflitti.
Sono sempre più numerose le donne che prendono la parola per denunciare
persecuzioni e umiliazioni secolari subite dai propri popoli, per difendere i
diritti umani, ma anche per rivendicare con orgoglio il valore di culture e
tradizioni antiche, che sono le loro e che sentono di dover proteggere,
difendere e tramandare.
Rigoberta Menchù, Aung San Suu
Kyi, Ingrid Betancourt, Maggy Barankitse sono
solo alcune delle "voci" più note che trovano la forza di scuotere le
coscienze. Ma le altre? Sono milioni e lottano ogni giorno, ma la loro è una
voce pacata e talvolta imprigionata da pareti domestiche, ignoranza, pregiudizi,
da barriere invisibili che la rendono un flebile sussurro o uno straziante urlo
nel silenzio.
Tuttavia lo sviluppo dei Paesi poveri nel Sud del mondo diventa realizzabile,
concreto e sostenibile solo grazie alla partecipazione e all’impegno delle
donne che con umiltà, fierezza e sacrificio, si prodigano per il futuro dei
loro figli.
Da anni il "Pime" è impegnato nella realizzazione di
"progetti" proposti e realizzati da donne ed è con orgoglio e immensa
gioia che ve ne ricordiamo qualcuno.
In una città immensa e "implacabile" come San
Paolo, in Brasile, in
due diverse "favelas", Stella e Paola hanno dato vita a due
"centri di accoglienza" che ospitano, ogni giorno, qualche centinaio
di ragazzi dai 3 ai 17 anni, per accudirli, seguirli e, soprattutto, proteggerli
dalla violenza e dalla "malavita" che recluta costantemente dalla
strada bambini sempre più piccoli per inserirli nei traffici di armi e droga.
A Yaoundé, in
Camerun, un gruppo di donne costrette a provvedere da sole al
mantenimento di numerosi figli, perché vedove o abbandonate dai mariti, ha dato
vita a una "cooperativa", chiamata "Santa Monica", per
acquistare e rivendere prodotti alimentari e trovare, in questo modo, le risorse
per mandare i figli a scuola.
A Zamboanga, nell’isola filippina di
Mindanao, la "Comunità
Emmaus", composta prevalentemente da donne, si prodiga per l’assistenza
scolastica e sanitaria in uno dei quartieri più degradati e a rischio della
città, favorendo il dialogo "interreligioso" per la pace e portando
avanti l’integrazione tra cristiani, musulmani e "tribali".
Nella missione di Suzana, in
Guinea-Bissau, vari gruppi di donne di diversi
villaggi si sono "autotassate" per acquistare le macchine automatiche
per "pilare" il riso, allo scopo di recuperare, per se stesse e per le
figlie, un po’ di tempo per seguire i corsi di "alfabetizzazione".
Ma che dire delle "volontarie" che trascorrono periodi più o meno
lunghi a servizio dei più bisognosi, aiutandoli in un percorso di crescita
attraverso scambi di esperienze e amore?
Le "missionarie laiche" poi, per scelta, partono alla ricerca delle
sfide più dure e le accolgono con sorriso e buona volontà, ridando speranza e
gioia di vivere ai troppi che l’avevano perduta.
Le Suore sono sempre presenti nei luoghi di sofferenza, negli ospedali, al
capezzale delle mamme, in difesa degli orfani, a fianco dei bambini. E non
mollano mai! Non nelle guerre, non nelle carestie e neppure di fronte a pericoli
mortali, che sempre più spesso hanno il volto di un adolescente e la mano
armata di un assassino.
E noi, come loro, proseguiamo con fiducia il nostro lavoro così speciale e vi
proponiamo ancora molti progetti "tutti al femminile"... Grazie!