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Fragilità |
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Oltre quarant’anni fa, quando arrivai a Hong Kong per la prima volta, pur avendo una certa conoscenza dell’attività della Chiesa e del "PIME" in questo lembo di Cina, non riuscivo a comprendere quale contributo concreto avrei mai potuto dare per l’evangelizzazione di milioni di "non-cristiani" in questo territorio e del miliardo abbondante all’interno dell’immensa Cina. La sensazione era di una "soverchiante" impotenza, divenuta ancor più critica quando mi ritrovai, per la prima volta in vita mia, su un letto di ospedale alle prese con problemi alla spina dorsale e con lunghe cure e interventi chirurgici. A un certo punto, parlando con Mons. Aristide Pirovano, il Superiore Generale che mi aveva destinato a questa missione, francamente gli domandai perché mai mi avesse voluto mandare proprio in Cina. Si dà il fatto che, nel colloquio in occasione della mia ordinazione sacerdotale, alla sua domanda dove avessi desiderato essere inviato, gli risposi che facesse pure lui, che conosceva un po’ me e le varie missioni del "PIME", che aveva da poco visitato. Ma azzardai una semplice richiesta, spinto dall’ansia di coinvolgermi al più presto nell’attività missionaria vera e propria "ad gentes", e che cioè non mi mandasse dove ci volevano anni di studio nell’apprendimento della lingua… | ||
Il vescovo "partigiano" mi sparò a "bruciapelo" questa risposta: "Ti ho mandato e voglio che tu vi rimanga, perché ritengo che a Hong Kong servano dei tipi come te. Ciao!". | ||
Da quell’istante in poi non mi volsi più indietro e non mi venne mai il minimo dubbio sul "dove" la volontà di Dio mi voleva presente. Rimaneva sempre aperta la questione circa il "modo" concreto di fare la missione. Per trovarvi una risposta la Provvidenza mi fece trovare accanto per alcuni anni al compianto confratello P. Enea Tapella, che mi incoraggiò nell’intraprendere la strada del cammino e condivisione con i più "fragili". | ||
Dall’aprile 1977, quando P. Enea esperimentò il "culmine" della fragilità umana, perdendo i sensi, a causa di stanchezza e malore, a cavallo della sua motocicletta, sbattendo violentemente contro una barriera e finendo nel reparto di rianimazione dell’ospedale, per la sua Settimana Santa di lunga agonia e morte a soli 48 anni d’età, ho avuto modo di coinvolgermi sempre più vitalmente nell’attività e soprattutto nella riflessione sul tema dell’evangelizzazione e del ruolo dei più piccoli, deboli e "fragili" nella Missione della Chiesa. In questi anni ho avuto la fortuna di incontrare personalmente, o almeno di leggerne gli scritti e conoscere le testimonianze di tanti "testimoni", più o meno conosciuti, ma sicuramente apprezzati da quanti accompagnano i portatori di disabilità col desiderio di crescita spirituale. Nei primi anni ’80 ne ho conosciuto due in particolare: Jean Vanier, incontrato in Francia a Trosly-Breuil, continuando poi, come Cappellano delle Comunità di "Fede e Luce" di Hong Kong fino al presente, a seguirne le attività e le riflessioni, in particolare nei ritiri spirituali e incontri internazionali; e l’altro è il sacerdote di origini olandesi, Henry J. M. Nouwen, famoso come docente presso la "Yale Divinity School" e per i suoi tanti libri di spiritualità, di cui ho letto la maggior parte. I vari Papi dal "Concilio Ecumenico Vaticano II" in poi, la Beata Madre Teresa, incontrata brevemente a Hong Kong e la cui Comunità principale qui ho modo di servire ogni settimana come confessore delle Suore, e soprattutto le persone in stato di permanente "fragilità/impotenza" sono le risorse più preziose che la Provvidenza mi mette a disposizione, per una più approfondita comprensione. | ||
Punto fondamentale è la comprensione vissuta del Battesimo, come lo intende Gesù nel Vangelo, quando invia gli Apostoli e dice: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 18-20). | ||
E Gesù spiega bene ai discepoli che cosa intendeva per Battesimo, quando alla richiesta dei figli di Zebedeo di sedere nella sua gloria uno alla sua destra e uno alla sua sinistra, risponde: "Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?" (Mc 10, 38). | ||
Il contesto è quello dell’annuncio della sua "passione-morte-risurrezione", ed è chiaro che il Battesimo che i discepoli sono chiamati ad amministrare a tutte le genti fino alla fine del mondo è quello con cui Gesù è battezzato nella sua passione, morte e risurrezione, e che gli Apostoli stessi sono chiamati a ricevere. L’evangelizzazione e il battezzare quindi è l’esatto opposto dell’andare alla conquista dei popoli con la potenza umana e terrena, di chi può vantarsi di "essere", di "avere" e di "sapere", con l’efficienza della forza fisica, intellettuale e politica. Si tratta di valorizzare invece il proprio stato di "kenosis", di fragilità e impotenza, in perfetta adesione al Crocifisso, accostando con amore fraterno ogni persona, in umiltà, accompagnandola nel proprio itinerario battesimale, più o meno manifesto ed esplicito, ma reale: perché assieme si possa venire evangelizzati e si continui a portare avanti la crescita battesimale, che raggiunge per ciascuno il suo culmine nella propria morte. | ||
Attorno a questo nucleo fondamentale ed essenziale, ben venga qualsiasi tipo di "competenza" ad ogni livello, sempre da considerare come un valore aggiunto, utile ed – entro i propri confini – anche necessario, che ogni essere umano, per "geniale" che possa essere, può esprimere comunque solo in un tratto "circoscritto" e limitato del proprio ciclo di esistenza. Si tratta di accogliere tutta la "verità" del proprio esistere, di amare se stessi e gli altri per quello che siamo veramente, e perciò non solo capaci ed efficienti e con tante belle doti, ma pure "fragili", deboli, limitati, "handicappati", incapaci, impotenti e con tanti difetti. | ||
Dio, l’Onnipotente, l’infinito e il perfetto, ha scelto di salvare il mondo nella "fragilità" del proprio Figlio, il Bimbo del Presepe e il Crocifisso. Il massimo potere in cielo e in terra, quello dell’Amore che dà la Vita in pienezza e senza confini, si sprigiona proprio in questo contesto della fragilità e della tenerezza del Dio del Vangelo e delle Beatitudini. | ||
Ringrazio il Signore per il privilegio di accompagnare e di essere accompagnato dagli amici con "handicap", i quali mi educano e mi fanno sentire che Lui è davvero sempre con noi, ogni giorno, se sappiamo riconoscerlo là dove egli ha scelto di farsi trovare, nei "piccoli del Regno". | ||
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P. Giosuè Bonzi, PIME |
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Hong Kong, 18 Marzo 2008 |