UN AIUTO PER LA MISSIONE...

MISSIONE AMICIZIA    Due scuole sulle montagne della Birmania    SEGUENTE

Padre Noè è l'ultimo missionario italiano del Pime rimasto in Myanmar,
dopo l'espulsione nel 1966 di tutti i missionari stranieri.
A 87 anni compiuti, non manca di progetti per il futuro.

P. PAOLO NOÈ, missionario in Birmania.

P. Paolo Noè
("Missionari del Pime", Aprile 2006)

Il villaggio di Hwari, si trova a circa 200 chilometri da Taunggyi, nello stato Shan al nord della Birmania, che dal 1992 si chiama Myanmar. È abitato da gente della etnia Kajan, famosa per le "donne giraffa" perché per abbellirsi mettevano molti cerchi di ottone attorno al collo causandone un allungamento a volte sproporzionato. Ma a loro piaceva così! Questa usanza ha dato origine anche all'appellativo del sottogruppo etnico dei "Phadaung", cioè "gente selvaggia". Infatti è gente fiera e combattiva. Adesso questa tradizione non è più permessa perché causava anche degli inconvenienti di tipo fisico e il governo ha proibito che fosse applicata soprattutto alle bambine.

Una vita difficile

Hwari è un grosso villaggio di circa 1500 persone, tutti contadini e coltivatori di riso. Il riso infatti è l'alimento base assieme alle patate che sono state introdotte dai missionari del Pime 100 anni fa e hanno trovato un buon terreno in cui crescere ed adattarsi. Buoi, bufali e maiali sono gli animali della zona. Nessun segno di vita industriale, quindi povertà assoluta, ma se non ci sono carestie e piove normalmente, tutti hanno lo stretto necessario per vivere. Fino a qualche decennio fa il lavoro stagionale consisteva nell'andare in foresta a tagliare qualche grande albero di teak e poi venderlo per avere un po' di soldi. Adesso non è più possibile e quindi questa gente ha ancora meno possibilità per migliorare la propria vita. Anche l'acqua è un problema. Il terreno è come un "gruviera" ed assomiglia molto al territorio del Carso in Friuli: non trattiene l'acqua, se non dove c'è qualche zona argillosa. Allora si fanno dei piccoli laghetti artificiali o si mette l'acqua in qualche bidone. I missionari hanno introdotto l'uso delle cisterne in cemento, ma non sono sufficienti e, soprattutto, costano. Poche famiglie possono permettersi delle cisterne di dimensioni sufficienti per tutto l'anno. Di luce elettrica neppure se ne parla, quindi nessuna comunicazione con il resto del mondo. La missione si è attrezzata con un generatore che viene utilizzato per le occasioni importanti per la chiesa o per la popolazione in generale. L'ospedale più vicino è a 35 chilometri, a Loikaw, capitale dello stato Kajah, che confina con lo stato Shan. Anche il primo mercato importante è a circa due giorni a piedi, in macchina o in moto si impiega circa tre ore per le pessime condizioni delle strade, e viene fatto una volta la settimana. La situazione politica ha complicato maggiormente la vita già difficile della gente. La zona fu infestata dalla guerriglia fino al 1995 e l'esercito governativo non è mai riuscito ad entrare. C'era una "zona nera" che consisteva in un territorio sotto controllo dei ribelli e che era circondato dalle truppe governative che impedivano l'accesso "ufficiale" a tutto, persone e merci.

Il 70% è analfabeta

Questa situazione anomala ha avuto una ricaduta negativa soprattutto sul piano educativo in quanto le scuole, in uno stato prolungato di guerriglia, non hanno potuto funzionare bene. Per questo circa il 70% della popolazione è considerata analfabeta. Fino a pochi anni fa non esisteva nei villaggi alcuna scuola. L'unica che ha sempre funzionato da 50 anni ad oggi è quella di Hwari, fondata da missionari e diretta da alcune suore della Riparazione. Ora invece anche i piccoli villaggi hanno iniziato la loro scuola, magari costruita in bambù e con il tetto di foglie. Hanno voglia di imparare e di non restare indietro. I più dotati vengono poi a Hwari per frequentare le scuole medie. Queste "scuole superiori" sono iniziate sei anni fa, arrivando oggi alla "decima classe". Certamente questo è un segno di progresso, ma essendo l'unica scuola media ha pure creato delle difficoltà per le scuole primarie. Infatti c'è una aspettativa da parte delle famiglie e dei ragazzi che non può essere corrisposta. Essendoci pochi posti e tanti pretendenti ogni tanto succede qualche complicazione. In questa situazione di "paese in via di sviluppo" la missione vuole continuare nel sostegno all'educazione dei ragazzi e dei giovani, aiutando a costruire altre due scuole: una elementare e una media. Le dimensioni sono quelle indicate dallo standard del governo e corrispondono ad una lunghezza di circa 50 metri per complessive sei aule e due uffici. Ogni aula accoglierà dai 50 ai 70 alunni. Costruendole in mattoni e pietre, e facendosi aiutare per la manodopera dalla gente, credo che potrebbero costare ciascuna 15mila euro. Poi ci dovremmo mettere qualche euro in più per i banchi, le cattedre, le lavagne e qualche armadio per gli uffici. Facendo il tutto con parsimonia ed economia dovremmo spendere altri 5mila euro per ciascuna scuola. Alla fine con 20mila euro per ciascuna scuola potremmo dare la possibilità a qualche centinaio di ragazzi e ragazze di iniziare e continuare un'istruzione così necessaria e utile anche sulle montagne di questo Paese.

Info: Pime - Ufficio aiuto missioni, tel. 02.438201