La testimonianza di un missionario
sul conflitto in Guinea
Bissau
P.
Giuseppe Fumagalli
("Mondo e Missione", Maggio 2006)
Il pomeriggio
della domenica 12 Marzo 2006 il padre Davide Simionato, recatosi come al solito
a S. Domingos per la Messa, ha notato una forte presenza di militari, che
andavano arrivando in continuazione; poi martedì 14 da Suzana
abbiamo cominciato a sentire i primi colpi di arma pesante. Il 15 sono aumentati
di intensità e sono durati fino a notte, tant’è che il padre Davide, che
doveva recarsi giovedì 16 a S. Domingos e di lì continuare per Ziguinchor, in
Senegal, ne è stato dissuaso da un militare cui avevamo chiesto informazioni.
La mattina i colpi sono ripresi e alle nove circa abbiamo sentito un’esplosione
più forte delle altre; ricordo che ho commentato: sembrerebbe una bomba di
aereo.
Alle 12 e un quarto veniamo a sapere che si trattava di una mina e che un camion
trasporto persone ci era saltato sopra: c’erano morti e feriti. Sul camion c’era
gente in maggioranza dei nostri villaggi, tra cui la moglie e la mamma di due
nostri collaboratori. Telefoniamo all’Ospedale di S. Domingos per sapere se i
feriti sono stati soccorsi; risposta: nessuno, neanche uno. Siamo andati noi.
Una decina di chilometri prima di S. Domingos ecco il camion. Nove i morti e
sedici i feriti. I miei due collaboratori scoprono l’uno la moglie morta
dilaniata dalla mina e l’altro la mamma viva, in stato di shock. Ciononostante
mi aiutano a caricare i feriti e comincio a fare la spola tra l’ospedale di S.
Domingos e il luogo dell’esplosione. Due dei feriti sono morti durante il
trasporto. Nessuno s’è mosso all’infuori di noi. Per sera avevamo
trasportato tutti i feriti ed eravamo tutti rientrati a Suzana, padre Davide, io
e altri collaboratori, con altre due macchine della missione, portandoci a casa
i morti.
Da quel momento la strada è stata chiusa. Col passare dei giorni la situazione
è andata precipitando. Abbiamo scoperto gente che era scappata dai villaggi
vicini al luogo della mina e ci siamo messi a contarli. Siamo arrivati quasi a
mille. Intanto i combattimenti avevano provocato l’esodo della gente di S.
Domingos e di altri villaggi vicini, ripiegati su Ingorè, 45 chilometri a est,
e a Cacheu, a un’ora e mezza di canoa a motore, oltre il fiume omonimo.
Se da Cacheu e da Ingorè era facile avvertire le autorità del caso, da Suzana
e da Varela la cosa era più difficile. A Varela c’è una famiglia
italo-portoghese che ha un piccolo albergo turistico e subito, insieme con loro,
ci siamo dati da fare per avvertire chi di dovere.
Dobbiamo dire che abbiamo avuto subito appoggi da parte di confratelli
missionari e missionarie in Guinea e in Italia, che si sono attivati,
interessando anche agenzie di notizie tra cui Misna che ci ha seguiti da vicino.
Nel giro di pochi giorni arrivavano aiuti dalla Cooperazione Portoghese e dal
Programma alimentare mondiale (Pam) dell’Onu. Gli unici mezzi di trasporto
presenti sul terreno erano i nostri, della missione. Per cui abbiamo dovuto far
fronte sia allo scarico degli aiuti, sia ai censimenti e alle distribuzioni, sia
al ricevere e accompagnare sul terreno personale della Croce Rossa
Internazionale arrivato dal Senegal via mare. Grazie a Dio siamo ben attrezzati
e abbiamo potuto fare tutto anche con l’aiuto della nostra gente, i nostri
autisti, gli animatori della Caritas parrocchiale ecc., sempre disponibili.
Mano a mano che i giorni passavano emergevano altre necessità. Per esempio:
eravamo circa ventimila persone senza nessun medico e nessun accesso a un
ospedale. È così che abbiamo avuto due morti, che portati a un ospedale
avrebbero potuto essere salvati…
Devo dire che padre Zamberletti della Caritas diocesana e con lui il PIME e il
Centro di Milano si sono mossi tempestivamente. Anche la Nunziatura Apostolica a
Dakar è intervenuta con un’offerta e portandoci la solidarietà del Santo
Padre. Gli stessi della Croce Rossa Internazionale si sono meravigliati del
tempismo con cui siamo subentrati al Pam, che aveva cessato gli aiuti,
garantendo la copertura alimentare prima che loro stessi potessero cominciare a
intervenire sul terreno.
La nostra gente ha notato l’assenza completa di qualsiasi autorità statale:
avevano altro da pensare.
Ci siamo attivati e abbiamo redatto un appello al presidente della repubblica
firmato da quanti abbiamo potuto raggiungere ed erano in condizione di firmare.
Ben cinque settimane sono passate prima che la strada risultasse di fatto ancora
percorribile, anche se il tratto da verificare era di meno di 8 chilometri.
Finalmente, sabato 22 Aprile c’è stato il primo passaggio di militari lungo
la strada. Poi siamo passati anche noi, anche se la strada ufficialmente non è
ancora stata dichiarata aperta: noi stiamo passando e ripassando, per cercare di
infondere fiducia in modo che si vinca la paura residua. Il commercio comunque
non è ancora ripreso con regolarità. Continuiamo ad essere noi a trasportare
il riso che i pochi commercianti comprano nei villaggi del vicino Senegal.
Trasportiamo gratis, usando il gasolio ricevuto con gli aiuti: in questo modo
riusciamo a calmierare i prezzi così che qualcuno appena può riesce a
rifornirsi senza pesare sugli aiuti che vanno ai più necessitati.
Gli sfollati ancora non tornano nelle loro case. Le abbiamo viste e ci siamo
resi conto che quando torneranno le troveranno ben svuotate. Ci stiamo attivando
con vari organismi per appoggiare il rientro. La Croce Rossa, la Caritas e il
Catholic Relief Service di Dakar si stanno muovendo in questo senso. Dobbiamo
fare in fretta, perché non manca molto all’inizio delle piogge e la gente
deve essere in condizione di dedicarsi ai lavori agricoli, se non vogliamo che
la crisi si prolunghi anche negli anni a venire.
Permangono gli accampamenti dell’altra fazione di independentisti della
Casamance. Già ci sono state dichiarazioni di autorità militari guineane che
hanno detto loro di andarsene entro luglio. Speriamo che tutto si risolva
presto, altrimenti sarà una crisi ancora peggiore di quella passata, anche
perchè sarebbe in piena stagione delle piogge e impedirebbe i lavori agricoli,
necessari per la sussistenza…, oltre ad avere gli eventuali combattimenti
praticamente in casa.
In tutto questo dobbiamo dire che le comunità cristiane hanno reagito bene,
nella preghiera e nella solidarietà, non solo qui, ma in tutta la Guinea. Qui
da noi i lutti non sono stati pochi, ma sono stati vissuti con fede. La
celebrazione della Pasqua è stata vissuta con intensità. Forte il
coinvolgimento della gente della nostra comunità che ha scaricato dalle canoe
tonnellate di riso senza chiedere alcun compenso, con grande meraviglia anche di
operatori internazionali.
Ringraziamo quanti ci sono stati e ci sono vicini con il loro interessamento e
la loro preghiera.