I DIRITTI NEGATI
"Human
Rights Watch" «inchioda» i generali:
«Hanno assoldato con la forza bimbi di 10 anni per integrare le numerose
defezioni».
Il Ministro degli Esteri francese Kouchner esorta Cina e India
a sostenere la visita dell’emissario delle "Nazioni Unite".
Nel Myanmar torna la sfida dei monaci
In duecento in piazza. Accuse alla giunta: «Recluta bimbi-soldato».
Da
Bangkok, Stefano Vecchia
("Avvenire", 1/11/’07)
Nelle strade del Myanmar
sono tornati a sfilare i monaci. Dopo settimane di silenzio, vittime di una
sanguinosa repressione, le tuniche dei religiosi birmani sono riapparse ieri per
manifestare pacificamente contro la giunta militare. Lo hanno fatto a Pakkoku,
nella regione centrale del Paese, luogo-simbolo della volontà del monachesimo
buddista di giocare un suo ruolo per lo sviluppo democratico del paese e la fine
della dittatura. Proprio qui, infatti, il 6 settembre scorso, gruppi di
religiosi, offesi per essere stati fatti oggetto di maltrattamenti, avevano
preso in ostaggio per diverse ore una ventina di poliziotti, dando avvio alle
massicce proteste che dovevano essere fermate nel sangue tre settimane dopo.
Circa duecento religiosi, per mezz’ora, sono sfilati senza incidenti per le
strade del centro cittadino in una «marcia di preghiera». Un atto limitato che
inevitabilmente ha acquistato il senso di una sfida verso un regime che,
contrariamente all’agosto 1988, sembra avere soltanto in superficie bloccato
la protesta.
Di fatto, le tre grandi forze di opposizione – i monaci, il movimento
politico-sindacale democratico e le etnie in lotta con il governo centrale –
sembrano ora mantenere capacità e volontà di operare per trovare modalità di
boicottaggio e di opposizione al regime. Pochi giorni fa, la notizia che le
forze armate dei gruppi ribelli stanno cercando una forma di coordinamento,
mentre l’opposizione politica, in esilio e all’interno, chiede con forza l’apertura
di un canale di dialogo effettivo con il regime e insieme il sostegno
internazionale.
La giunta sembra al momento inossidabile alle pressioni in corso e a quelle
minacciate, tuttavia, si moltiplicano anche le azioni per mostrare un volto meno
severo. Ieri la giunta militare ha disposto la scarcerazione di sette detenuti,
compresi alcuni membri della "Lega nazionale per la democrazia", il partito d’opposizione
guidato dal Premio "Nobel" per la pace Aung
San Suu Kyi.
Tra questi anche Win Naing, già tra i "leader" delle sommosse
studentesche dell’agosto di 19 anni fa, in carcere da oltre un mese.
Uscito in modo drammatico dall’isolamento in cui la giunta militare lo ha
tenuto per decenni, il Myanmar fatica a nascondere la sua drammatica situazione
dei diritti umani e delle libertà civili.
Proprio ieri l’organizzazione umanitaria "Human Rights Watch" ha
diffuso un rapporto dal titolo "Venduti per essere soldati". In esso
denuncia il reclutamento da parte del "Tatmadaw", l’esercito
birmano, di bambini anche di 10 anni. Sono loro, arruolati con la forza nei
villaggi, a integrare le defezioni, numerose nelle aree di guerra con le etnie
ribelli ma anche, come emerso negli avvenimenti di settembre, tra i ranghi delle
divisioni della regione centrale e persino tra le truppe di "élite"
inviate nell’ex capitale Yangon. Anche per questo, "Human Rigts Watch"
ha esortato il "Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite" a bloccare
ogni spedizione di armi verso l’ex Birmania e a imporre sanzioni «per mettere
fine a questa terribile piaga».
E le sanzioni, ma anche l’individuazione di ogni possibile iniziativa per
spingere la giunta al dialogo sono al centro di due importanti missioni
diplomatiche: la visita dell’inviato "Onu" Ibrahim Gambari che
inizia sabato e il "tour" in corso nella regione del Ministro degli Esteri
francese Bernard Kouchner. Quest’ultimo, in un’intervista a Bangkok prima di
partire per la Cina, ha ribadito ieri la necessità di un pieno sostegno della
comunità internazionale, a incominciare da Cina,
India e i paesi membri dell’"Associazione delle nazioni del Sudest
asiatico" (di cui il Myanmar fa parte), alla missione di Gambari.