VERSO IL "SUMMIT" DEL "G8"

RITAGLI     «Necessaria una "moratoria"     MISSIONE AMICIZIA
sugli interessi dei debiti»

Secondo l’esperto dell’"Onu" Detlef Kotte,
serve più coordinamento tra gli Stati "donatori":
«A forte rischio gli "Obiettivi del Millennio"».

Da Parigi, Daniele Zappalà
("Avvenire", 4/7/’09)

«Per evitare che gli effetti della "crisi" divengano dirompenti nei Paesi più fragili, occorrerebbe una "moratoria" sui pagamenti dei servizi del "debito". Soprattutto in certi Stati Africani, ciò sembra fondamentale per mantenere le importazioni a un livello accettabile e non rinunciare a combattere la povertà». A sostenerlo è il noto "economista" tedesco Detlef Kotte, alla guida della divisione "Politica Macro-Economica e di Sviluppo" dell’"Unctad" ("Conferenza dell’Onu per il Commercio e lo Sviluppo").

Una "moratoria" è davvero praticabile dopo le riduzioni del "debito" già annunciate?

Nella fase attuale, si tratta di una misura che potrebbe avere effetti positivi su tutta l’economia mondiale, compresi i Paesi "donatori". Questi, infatti, sono economicamente meglio serviti dalle esportazioni verso i Paesi in via di sviluppo che dal versamento degli interessi sul "debito" da parte di questi ultimi.

Fino a che punto la "crisi" morde già nei Paesi più poveri?

I Paesi in via di sviluppo sono severamente colpiti. Certi Stati, per lo più Africani, esportatori di "materie prime" soffrono a causa del crollo dei prezzi di queste esportazioni. Ma anche grandi Paesi come la Cina e l’India sono in difficoltà a causa del calo delle esportazioni di beni "manufatturieri" verso il mondo industrializzato. Per certi Paesi, si può già temere un autentico "sgancio" dal treno all’economia mondiale.

Eppure, inizialmente, si ipotizzava un impatto minore nei Paesi fuori dai grandi "circuiti finanziari"…

In tanti Paesi poveri, l’assenza di banche di portata internazionale e di altre "istituzioni finanziarie" ha in effetti inizialmente occultato il problema. Ma la "crisi" mondiale si fa sentire lo stesso attraverso numerosi effetti, anche finanziari. Fra questi, l’aumento dei tassi d’interesse o dei premi assicurativi per gli Stati che accendono "prestiti" o emettono "obbligazioni". Senza dimenticare, poi, il calo delle "rimesse" degli "emigrati" che vivono nel mondo ricco.

Quali sono i Paesi che rischiano oggi di più?

Si tratta soprattutto degli Stati Africani maggiormente indebitati. In Africa, non si osserva quella dinamica "regionale" che malgrado tutto sta aiutando ad esempio i Paesi Asiatici più poveri. L’integrazione "regionale" africana, per ragioni "post-coloniali", culturali e politiche, resta molto meno sviluppata che in America Latina ed Asia. Alla "crisi", in Africa, si sommano quest’assenza di dinamica "regionale" e la forte dipendenza rispetto alle "materie prime". I Paesi più grandi oppure ricchi, come la Nigeria e il Sudafrica, non riescono a trainare i vicini.


Gli "Obiettivi del Millennio" all’orizzonte 2015 si stanno allontanando?

Pare già oggi quasi certo che non si potrà raggiungere la totalità degli "Obiettivi". Per il momento, le previsioni sono pessime. Ma molto dipenderà dalla durata della "crisi".

Gli aiuti allo "sviluppo" stanno anch’essi patendo?

I Paesi industrializzati non sembrano finora aver ridotto i propri apporti. Nel caso degli Stati Uniti e del Giappone, anzi, c’è stato un aumento. Si tratta di un buon segnale. Ma ciò non impedirà probabilmente un’impennata del livello del "debito" in certi "Paesi Africani". Anche per questo, all’"Unctad" raccomandiamo una "moratoria" sul "debito".

Washington ha già promesso nuovi sostegni ai Paesi più poveri. In vista del "G8" italiano, si può essere relativamente ottimisti?

Forse sì, perché più che mai non è in ballo solo un imperativo "etico" di aiuto ai più poveri. Un aumento degli aiuti favorirebbe in generale la "congiuntura mondiale". Buona parte dei "versamenti" tornano prima o poi nei Paesi donatori sotto forma di aumento delle esportazioni. È in ballo anche l’interesse degli Paesi industrializzati. Ma in ogni caso, occorrerà un maggiore "coordinamento" fra gli Stati donatori.