PRIMI PASSI: INCONTRARE E
CONDIVIDERE
Sr. Ornella, da pochi mesi in Guinea Bissau, scrive le sue prime esperienze.
SR.
ORNELLA GARZETTI
("Missionarie dell’Immacolata",
Febbraio 2008)
CI LAVIAMO LE MANI GLI UNI GLI ALTRI
In questi mesi di inserimento ho visitato con le Sorelle molte "tabanche" (villaggi), facendo conoscenza della realtà complessa e articolata di questo piccolo paese dell'Africa Occidentale che è la Guinea Bissau.
Un giorno mi trovavo con Sr. Maria Raudino a Nciula, una "tabanca" a 20 chilometri da Mansoa, per il servizio di "vigilanza" sanitaria e nutrizionale. Controlliamo la situazione di tutti i bambini della zona, non solo di Nciula, ma anche delle "tabanche" limitrofe, verificando che non ci siano denutriti gravi, e nel caso ci fossero li inviamo al "Centro di Recupero Nutrizionale" a Mansoa.
Mi metto a parlare "criolo" con i bambini e a giocare con loro, cercando di aiutare l'incaricato della "tabanca" per il servizio sanitario a pesare i bambini con più facilità. Solitamente hanno paura di noi "gente bianca", siamo strani e sconosciuti, e qualche volta le nonne per farli stare tranquilli raccontano storie di persone bianche cattive, che sono "iran", spiriti cattivi... esattamente come da noi, quando da bambini ci raccontavano la storia del "lupo nero".
Ecco che allora sfodero tutta la mia arte per catturare l'attenzione dei bambini e con successo. Mi offrono delle arachidi, che qui è uno dei prodotti agricoli più comuni; sono buone appena raccolte e solo scottate al fuoco.
L'"omi garandi", l'anziano del villaggio, mi fa chiamare e mi chiede: "Come mai non sei venuta a salutarmi prima?". Distratta e tutta presa dai bambini non mi sono accorta che è uscito da una capanna per salutare le Suore.
Riparo subito la "gaffe", dandogli tutta l'attenzione dovuta. Mi domanda chi sono, da dove vengo e quale sarà la mia futura Comunità. È quasi l'una del pomeriggio, quando terminiamo di pesare i bambini e di attendere alle mamme. Pur non avendo potuto fare molto, sono felice di essere lì con la gente.
Mi ritrovo le mani sporchissime, mi guardo attorno per trovare dove lavarmi, ma di rubinetti non c'è neppure l'ombra.
Si fa avanti una persona che mi porge l'acqua e mi fa gesto di inchinarmi per lavarmi le mani.
Mi colpisce questo gesto semplice. Noi apriamo il rubinetto quando vogliamo e senza bisogno di nessuno, qui invece abbiamo bisogno dell'altro che ci porge la bacinella e ci versa l'acqua sulle mani, e ancora prima, abbiamo bisogno di qualcun altro che sia andato al pozzo a prenderla.
Abbiamo bisogno gli uni degli altri...
E mi fermo a riflettere sulle poche ma molto intense esperienze fatte in questi mesi.
I missionari hanno bisogno della Chiesa locale e la Chiesa locale dei missionari; i giovani hanno bisogno degli anziani e gli anziani dei giovani; nelle nostre Comunità una Sorella ha bisogno dell'altra e viceversa e, tra le diverse Congregazioni religiose, l'una è di stimolo e di aiuto all'altra.
Incominciando a conoscere la storia della diocesi e il cammino fatto per giungere ad una organizzazione e a stabilire linee comuni di pastorale e di catechesi, sono molto edificata dal grande lavoro compiuto fino ad oggi.
Imparare a lavorare insieme, a cercare insieme il meglio, a discernere e verificare per darsi una certa linea comune è una sfida continua e necessaria per crescere in comunione come Chiesa.
Da quello che mi hanno raccontato, posso dire che di cammino in questo senso se ne è fatto molto e bene. Ma non siamo arrivati...
Imparando gli uni dagli altri, camminando a piccoli passi ben pensati e verificati insieme, in continuità con il passato e creativamente verso il futuro, ci laviamo le mani gli uni gli altri.
INCONTRO CON LE COMUNITÀ "FELUPE"
Si sta celebrando a più riprese quest'anno il "30esimo Anniversario" di fondazione della diocesi di Bissau. È stato bello per me partecipare a un pellegrinaggio mariano a Cacheu, il più antico Santuario mariano della Guinea, l'8 dicembre scorso, camminando tutta la notte con moltissimi giovani della diocesi. Il tema era "Djunto Ku Maria, no misti Kirsi suma Igreja famiglia di Deus", cioè "Assieme a Maria vogliamo crescere come Chiesa, famiglia di Dio". È questo infatti il tema della prossima "Assemblea Diocesana" che si celebrerà nel 2008. Tutte le parrocchie e le comunità cristiane della diocesi si stanno impegnando a prepararla. Comunione, liturgia, testimonianza e servizio, sono "ferkidjias", cioè punti fermi su cui riflettere, verificarsi e fare proposte.
Quanto a me, dopo un corso di lingua per imparare il "criolo" e un primo mese passato nella Comunità di Bissau, sono stata a Bissorà e a Mansoa. Ora sono a Suzana da una settimana.
Qui a Suzana ho conosciuto P. Giuseppe Fumagalli, "Pime", noto come P. Zè, e da lui sto imparando molte cose, visitando le "tabanche" e ascoltando i suoi interessantissimi racconti sulla storia della missione di Suzana, dall'arrivo del "Pime" nel 1952 con P. Marmugi e P. Andreoletti.
Racconta il cammino dell'evangelizzazione e del primo annuncio, la scelta di annunciare nella lingua locale, il "felupe", l'attenzione "pedagogica" di annunciare con chiarezza tutta la novità e la radicalità del Vangelo, ma nel rispetto della libertà e della dignità dell'altro, il puntare fin da subito alla formazione di comunità cristiane solide e ferme nella fede, partendo dalle famiglie stesse, come agenti di pastorale e di annuncio...
Tutto questo ha dato i suoi reali e apprezzabili frutti. Ho conosciuto qui una Chiesa locale cosciente e viva, cresciuta anche tramite la sofferenza, in un ambiente tanto isolato e di confine con una regione del Senegal, la Casamance, che da anni chiede la separazione dal Senegal, innescando azioni di guerriglia. Soprattutto appare agli occhi di tutti, anche ai miei così inesperti, come il seme della Parola di Dio ha i suoi tempi: deve essere seminato a piene mani e con generosità, ma il tempo della fioritura e del raccolto sta nei piani di Dio, e in questo la paziente e saggia attesa dei primi Missionari del "Pime" a Suzana, specialmente di P. Marmugi, è stata esemplare. Mi accorgo che ci sono missionari che sono una vera ricchezza per i nostri Istituti e per tutta la Chiesa.
I primi Battesimi sono stati celebrati dopo 17 anni di catechesi e preparazione e un lunghissimo cammino "catecumenale". Le comunità che ho visitato sono davvero molto vivaci e solide, forse anche perché i primi cristiani sono passati attraverso una vera e propria persecuzione da parte dei villaggi e dei parenti legati alla religione tradizionale "felupe".
È una meraviglia e una gioia grande incontrare e conoscere queste giovani comunità cristiane e vedere come il seme della Parola incontri un terreno buono e fertile. La Buona Novella, il Vangelo, cambia la mentalità e il cuore della gente, ed è un motore fondamentale dello sviluppo.
Gesù Cristo, nel volto e nella vita di questi fratelli e sorelle "felupe", mi interpella e mi chiede di rinnovare il mio impegno di discepola, missionaria e religiosa.
Così ci evangelizziamo gli uni gli altri, e l'autentico esempio di cristiani semplici e provati mi testimonia la radicalità del Vangelo e della sequela di Cristo, che ci libera e dona tutto se stesso e chiede una risposta sincera e completa, senza mezze misure, "compromessi" o "sincretismi".