In Camerun ho toccato con mano quanto Benedetto XVI dice nella «Spe salvi».
Una lettura dell’Enciclica
"Spe salvi"
di Benedetto
XVI (30 Novembre
2007) fa riflettere credenti e non credenti, perché pone l’uomo di fronte
alla sua vita, al suo futuro, alla scelta se vivere bene o vivere male, contento
o scontento, ottimista o pessimista (il famoso "bicchiere" mezzo pieno
o mezzo vuoto!). Ne parlo perché desidero comunicare ai miei (pochi o tanti)
affezionati lettori che oggi, nella grande confusione di voci, di proposte, di
idee, di notizie in cui viviamo, la lettura e meditazione dell’Enciclica di
Papa Benedetto sulla "Speranza" è consigliabile a tutti, anche a noi
preti che crediamo di aver studiato e di sapere tutto. Mi illudevo anch’io,
poi ho portato con me a Dicembre in Camerun
questo piccolo libretto e quasi ogni giorno ne ho letto, meditato e pregato
alcune pagine, che mi hanno molto arricchito, "pacificato" nelle
tensioni e fatiche, consolato.
Cosa ha "Spe salvi" di così nuovo? Nessuna notizia da "prima
pagina" dei giornali. Ma il teologo Ratzinger scava in profondità, dice
cose semplici ma profonde che illuminano la mente e toccano il cuore. Ad
esempio, la distinzione fra la «piccola speranza» che dura poco e la «grande
speranza», che illumina ogni esistenza, consola, permette di andare avanti,
appunto, con speranza. La «piccola speranza» è quella suscitata dalle
ideologie "totalitarie" del secolo scorso, vere "religioni
atee", come nazismo e comunismo, che promettevano con Hitler «diecimila
anni di pace» se il nazismo avesse vinto la seconda guerra mondiale; oppure
«una società egualitaria e giusta» se il comunismo avesse sconfitto il mondo
occidentale "capitalista". Ambedue hanno fallito clamorosamente,
riempiendo il mondo di spaventose rovine e decine di milioni di morti. Ma
piccole speranze sono anche quelle che danno senso al nostro quotidiano, però
non bastano mai: avere un buon posto di lavoro e una bella famiglia, stare bene
di salute, ecc.
La «piccola speranza» è fondata sulla convinzione che l’uomo, con l’aiuto
della scienza, della tecnica, della giustizia sociale, della ricchezza, salva se
stesso. La «grande speranza» è fondata su Dio. Scomparse le grandi
«religioni atee» del secolo scorso, tramontate le "ideologie"
moderne che sperano nella scienza e in un progresso infinito, non rimangono che
le religioni. L’uomo moderno comincia a capire che la vera salvezza e
liberazione, la vera «grande speranza» è fondata solo in Dio.
Papa Benedetto conduce, attraverso una logica "serrata" e un
linguaggio concreto, a ragionare sul perché la speranza fondata su Dio è l’unica
che rende l’uomo veramente contento, realizzato. Noi nutriamo speranza quando
siamo certi, sentiamo profondamente che Dio ci ama e si prende cura di noi. Uno
può anche dire che queste sono "chiacchiere", ma mentre leggevo
queste cose ero in Camerun, dove ho trascorso il Natale 2007 nella missione di
Touloum, fra la tribù dei "tupurì", etnia forte, guerriera, che si
sta convertendo a Cristo. Nella missione retta dai Padri del "Pime"
Giorgio Cappelletti e Mario Frigerio, si erano riuniti almeno un migliaio di
cristiani, venuti da ogni parte per festeggiare insieme il Natale. Un’umanità
povera, "primitiva", quasi analfabeta, che in questo periodo di
siccità comincia a soffrire la fame prima del raccolto di primavera; tè al
mattino e un pasto al giorno: polenta di miglio, un pesce o un pezzo di pollo,
erbe amare, una banana e acqua di pozzo.
Ebbene, la veglia notturna con la luna piena e la Messa del mattino
(9,30-12,15), con canti, danze, benedizione degli sposi e dei bambini, mi hanno
commosso per la gioia di quella cara gente, che non ha ancora la luce elettrica
e la televisione. Pensavo: perché qui c’è questa gioia
"esplosiva", con bambini che "sfrecciano" da ogni parte e
sorridono felici per una manciata di caramelle, e quando torno in Italia i miei
"concittadini" che hanno mille volte più di ricchezze sono scontenti,
pessimisti, "aridi" e si lamentano sempre? La risposta è chiara:
questi hanno ricevuto Cristo e ci credono davvero, gli italiani, pur in gran
parte credenti, vivono «come se Dio non esistesse»! Senza Dio, rimangono solo
il "nichilismo", l’"edonismo", l’‘ingordigia" di
denaro, che non portano da nessuna parte. Noi italiani, per tirarci su, abbiamo
bisogno di "speranza". Non di una piccola speranza, ma di quella
grande, fondata sulla fede in Gesù Cristo.
* Giornalista e
scrittore
( www.gheddopiero.it
)