DAL CAMERUN

RITAGLI    La «grande speranza» del Papa    MISSIONE AMICIZIA

In Camerun ho toccato con mano quanto Benedetto XVI dice nella «Spe salvi».

P. Piero Gheddo*
("Mondo e Missione", Marzo 2008)

Una lettura dell’Enciclica "Spe salvi" di Benedetto XVI (30 Novembre 2007) fa riflettere credenti e non credenti, perché pone l’uomo di fronte alla sua vita, al suo futuro, alla scelta se vivere bene o vivere male, contento o scontento, ottimista o pessimista (il famoso "bicchiere" mezzo pieno o mezzo vuoto!). Ne parlo perché desidero comunicare ai miei (pochi o tanti) affezionati lettori che oggi, nella grande confusione di voci, di proposte, di idee, di notizie in cui viviamo, la lettura e meditazione dell’Enciclica di Papa Benedetto sulla "Speranza" è consigliabile a tutti, anche a noi preti che crediamo di aver studiato e di sapere tutto. Mi illudevo anch’io, poi ho portato con me a Dicembre in Camerun questo piccolo libretto e quasi ogni giorno ne ho letto, meditato e pregato alcune pagine, che mi hanno molto arricchito, "pacificato" nelle tensioni e fatiche, consolato.
Cosa ha "Spe salvi" di così nuovo? Nessuna notizia da "prima pagina" dei giornali. Ma il teologo Ratzinger scava in profondità, dice cose semplici ma profonde che illuminano la mente e toccano il cuore. Ad esempio, la distinzione fra la «piccola speranza» che dura poco e la «grande speranza», che illumina ogni esistenza, consola, permette di andare avanti, appunto, con speranza. La «piccola speranza» è quella suscitata dalle ideologie "totalitarie" del secolo scorso, vere "religioni atee", come nazismo e comunismo, che promettevano con Hitler «diecimila anni di pace» se il nazismo avesse vinto la seconda guerra mondiale; oppure «una società egualitaria e giusta» se il comunismo avesse sconfitto il mondo occidentale "capitalista". Ambedue hanno fallito clamorosamente, riempiendo il mondo di spaventose rovine e decine di milioni di morti. Ma piccole speranze sono anche quelle che danno senso al nostro quotidiano, però non bastano mai: avere un buon posto di lavoro e una bella famiglia, stare bene di salute, ecc.
La «piccola speranza» è fondata sulla convinzione che l’uomo, con l’aiuto della scienza, della tecnica, della giustizia sociale, della ricchezza, salva se stesso. La «grande speranza» è fondata su Dio. Scomparse le grandi «religioni atee» del secolo scorso, tramontate le "ideologie" moderne che sperano nella scienza e in un progresso infinito, non rimangono che le religioni. L’uomo moderno comincia a capire che la vera salvezza e liberazione, la vera «grande speranza» è fondata solo in Dio.
Papa Benedetto conduce, attraverso una logica "serrata" e un linguaggio concreto, a ragionare sul perché la speranza fondata su Dio è l’unica che rende l’uomo veramente contento, realizzato. Noi nutriamo speranza quando siamo certi, sentiamo profondamente che Dio ci ama e si prende cura di noi. Uno può anche dire che queste sono "chiacchiere", ma mentre leggevo queste cose ero in Camerun, dove ho trascorso il Natale 2007 nella missione di Touloum, fra la tribù dei "tupurì", etnia forte, guerriera, che si sta convertendo a Cristo. Nella missione retta dai Padri del "Pime" Giorgio Cappelletti e Mario Frigerio, si erano riuniti almeno un migliaio di cristiani, venuti da ogni parte per festeggiare insieme il Natale. Un’umanità povera, "primitiva", quasi analfabeta, che in questo periodo di siccità comincia a soffrire la fame prima del raccolto di primavera; tè al mattino e un pasto al giorno: polenta di miglio, un pesce o un pezzo di pollo, erbe amare, una banana e acqua di pozzo.
Ebbene, la veglia notturna con la luna piena e la Messa del mattino (9,30-12,15), con canti, danze, benedizione degli sposi e dei bambini, mi hanno commosso per la gioia di quella cara gente, che non ha ancora la luce elettrica e la televisione. Pensavo: perché qui c’è questa gioia "esplosiva", con bambini che "sfrecciano" da ogni parte e sorridono felici per una manciata di caramelle, e quando torno in Italia i miei "concittadini" che hanno mille volte più di ricchezze sono scontenti, pessimisti, "aridi" e si lamentano sempre? La risposta è chiara: questi hanno ricevuto Cristo e ci credono davvero, gli italiani, pur in gran parte credenti, vivono «come se Dio non esistesse»! Senza Dio, rimangono solo il "nichilismo", l’"edonismo", l’‘ingordigia" di denaro, che non portano da nessuna parte. Noi italiani, per tirarci su, abbiamo bisogno di "speranza". Non di una piccola speranza, ma di quella grande, fondata sulla fede in Gesù Cristo.

* Giornalista e scrittore
(
www.gheddopiero.it )