Quei dittatori "affamano" il loro popolo
Andrea
Lavazza
("Avvenire",
11/5/’08)
Non c’è limite al
"cinismo" della "giunta" che comanda in Myanmar
con il "pugno di ferro" dal 1962. Non "paga" di aver
confermato nel mezzo di un’immane catastrofe il "referendum farsa"
sulla nuova "Costituzione" (si distribuiscono schede già compilate,
dicono i testimoni), sta sfruttando il disastro per stringere ulteriormente la
"morsa" sul Paese. Proprio nel momento in cui la "mobilitazione
internazionale" seguita alla rivolta dei monaci buddhisti poteva fare
vacillare le basi su cui si "puntella" il "regime". Ieri, la
"Televisione di Stato" alternava inviti a recarsi alle urne
("esentate" solo le zone colpite dal ciclone)
alle immagini dei "patetici" soccorsi: consegna di pacchi con "graziosa"
dedica di qualche alto ufficiale delle "Forze Armate". Un’inquadratura
rivelava il nome di Mynt Shwe, uno dei protagonisti della recente
"repressione", scritto su una cassa a grandi lettere, che sovrastavano
la dicitura «aiuti dal "Regno di Thailandia"».
Ma non è solo la "propaganda", tipica di ogni dittatura, che fa
indignare il mondo libero: farmaci, cibo e tende vengono fatti arrivare con il
"contagocce" e distribuiti in modo "selettivo", come hanno riferito i
pochi "operatori umanitari" presenti. Appena giunto oltre frontiera,
il primo "convoglio" dell’"Onu"
è stato requisito dalle autorità, che faranno sparire il materiale oppure lo
"dirotteranno" in maniera "mirata", senza considerare le
vere necessità della popolazione. Lo scopo è chiaro: rafforzare la dipendenza
della popolazione dai militari, "padri-padroni" della nazione,
dispensatori di ogni beneficio e inflessibili "castigatori" di
qualsiasi forma di "dissidenza".
Di fronte alla colpevole e strumentale "inerzia" di un governo che ha
sottovalutato l’allarme "preventivo" lanciato dall’India e fa ora
ben poco per le centinaia di migliaia di sopravvissuti all’alluvione, rimasti
senza nulla, ci si deve seriamente interrogare sul ruolo e le possibilità d’intervento
della "comunità internazionale".
Nel suo Discorso all’"Assemblea generale delle Nazioni Unite", lo
scorso 18 aprile,
Papa Benedetto XVI
richiamò con forza il «principio della
responsabilità di proteggere». «Ogni Stato – disse il Pontefice – ha il
dovere primario di tutelare la propria popolazione da violazioni gravi e
continue dei "diritti umani", come pure dalle conseguenze delle
"crisi umanitarie", provocate sia dalla natura sia dall’uomo». E i
generali del Myanmar stanno "platealmente" venendo meno a tale obbligo. La Francia
ha cercato di portare la questione in "Consiglio di sicurezza"
(scontrandosi con il "no" della Cina,
grande "sponsor" del regime).
Per "scavalcare" il blocco, Parigi ha proposto di
"paracadutare" i soccorsi direttamente alla popolazione, ma ha
raccolto solo perplessità di tipo politico («mossa incendiara», secondo
Londra; potrebbe suscitare "rappresaglie") e di ordine pratico
(pericoloso lanciare carichi, rischio di "resse", e di vendette su chi
accetta soccorsi stranieri). «Se gli Stati non sono in grado di garantire
simile protezione, la "comunità internazionale" deve intervenire con
i mezzi giuridici previsti dalla "Carta Onu"», ricordò tuttavia
Ratzinger, sottolineando come tale azione, «supposto il rispetto dei principi
che sono alla base dell’ordine internazionale, non deve mai essere
interpretata come un’imposizione indesiderata e una limitazione di
"sovranità". Al contrario, sono l’indifferenza o la mancanza di
intervento che recano danno reale».
I danni si potrebbero chiamare, in questo caso, migliaia di morti per epidemie e
per "inedia". Se non è pensabile scortare i "camion" con i
"carrarmati", si minaccino durissime "sanzioni" politiche ed economiche.
È ancora possibile mantenere relazioni diplomatiche con la "giunta"
che ama il lusso e "affama" il suo popolo "prostrato" dalle
calamità? Si possono lasciare "spiragli" di relazioni commerciali con
un governo che usa i disastri per aumentare la "repressione"? Non
lasciamo che una volta di più l’"Onu" si riveli soltanto il
"megafono" di "appelli" inascoltati. Abbiamo una
«responsabilità di proteggere» i disperati di Myanmar.