La "Consultazione Elettorale" di domani in Myanmar
Gerolamo
Fazzini
("Avvenire",
6/11/’10)
Soltanto male informati e
ingenui potrebbero attribuire alla Consultazione
Elettorale in
programma Domenica in Myanmar
il valore che hanno le Elezioni Politiche nei Paesi Democratici.
L’adozione recente di un nuovo Nome ("Repubblica dell’Unione del
Myanmar"), oltre che di Bandiera e Inno Nazionale nuovi, maschera un’amara
verità: l’ex Birmania
è, oggi come ieri, nelle mani di un Regime Militare di stampo
"Socialista". E vi rimarrà anche all’indomani di quello di
Domenica, il primo Voto "libero" a oltre vent’anni di distanza da
quello del 1988, che premiò Aung
San Suu Kyi.
Sarebbe però sbagliato archiviare l’appuntamento di domani come una data fra
le tante. L’esito finale della Consultazione – è vero – sembra al riparo
da sorprese: sebbene formalmente in lizza siano una quarantina di Partiti,
saranno le due Formazioni legate alla Giunta
Militare, ovvero l’"Union
Solidarity and Development Party" e il "National Unity Party", ad
accaparrarsi la fetta maggiore del potere. E come potrebbe essere altrimenti,
dopo che il "Consiglio di Stato per la Pace e lo Sviluppo" (come si
definisce la Giunta Militare) ha varato Regole che garantiranno comunque la
maggioranza dei Seggi Parlamentari ai Militari o ad uomini ad essi vicini?
E che speranze potrebbe mai avere l’Opposizione,
dopo che la Giunta, con Leggi "Ad Personam", ha escluso dall’Arena
Elettorale proprio la "Leader" più rappresentativa?
Ancora. Quante probabilità esistono che le Elezioni
siano "partecipate e trasparenti", come chiede l’"Onu"?
Poche, pochissime. L’Agenzia "Asia News" denuncia
"bustarelle" e Carte d’Identità contraffatte, nonché minacce e
intimidazioni ai danni di esponenti dell’Opposizione. Esclusa la presenza di Osservatori
Internazionali
"super partes" e allontanati Giornalisti e Operatori Umanitari
potenzialmente scomodi, il Regime ha inoltre dichiarato in anticipo che in
alcune zone del Paese – dove
più forti sono le Minoranze
Etniche – le Urne
non verranno neppure aperte, per "motivi di sicurezza". Come nel
"Referendum" del 2008, il potere centrale gestirà conteggio dei Voti
e proclamazione dei Risultati: i "brogli, dunque, sono qualcosa di più di
una mera eventualità.
Se questa è la cornice generale, allora, che valore dare all’appuntamento di
domani?
Perché val la pena comunque di vedere come finirà quello che tanti hanno già
bollato come un "Voto-Farsa"?
Almeno per una buona ragione: per la prima volta, dal 1962, ai Civili verrà
offerto un piccolo spazio di partecipazione. E questo, anche a detta della
Dissidenza Birmana, rappresenta "un primo passo in avanti": la riprova
è che un drappello di Esponenti del disciolto Partito della "farfalla di
ferro" hanno deciso di candidarsi.
Sein Win, Direttore di un influente Organo d’Informazione dell’Opposizione
Birmana in Esilio, ha dichiarato in un’Intervista a "MissiOnLine"
che «nonostante un Percorso Elettorale "blindato" e una
prevedibilmente bassa affluenza alle Urne, le Opposizioni potranno comunque
giocare un ruolo!».
Ebbene, mai come oggi in Myanmar sembra valere l’antica "massima" di
Lao Tse: «Un lungo viaggio comincia sempre con un primo passo!». Non è
pensabile assistere a cambiamenti radicali e improvvisi in un Paese, com’è il
Myanmar oggi, tra i fanalini di coda al mondo per la mancanza di Libertà di
Stampa e ai vertici assoluti nella poco onorevole classifica mondiale per
la corruzione. La Democrazia chiede un lungo cammino. La speranza di chi ha a cuore il bene del Popolo del Myanmar è che Domenica si compia almeno il primo
di molti altri, necessari passi verso quel sognato traguardo!