"UFFICIO AIUTO MISSIONI": VIAGGIO AD HAITI
Maurizio Barcaro, il "Missionario Laico" che coordina gli "aiuti"
raccolti dal "Pime"
per l’"emergenza terremoto" in Haiti,
ci illustra la situazione attuale nell’"Isola Caraibica" e i primi
"interventi" realizzati.
Giorgio
Bernardelli
("Missionari
del Pime", Giugno-Luglio-Agosto 2010)
Il "terremoto"
che lo scorso 12 Gennaio ha sconvolto l’"Isola" di Haiti
ha seminato "morte" e "distruzione" in un "Paese"
già duramente provato da "miseria" e "instabilità
politica". Di fronte a una "tragedia" di queste proporzioni, il "Pime"
ha deciso da subito di lanciare una propria iniziativa di "solidarietà",
il "Progetto"
di "Emergenza Haiti", "S112".
Una scelta che si lega a un’attività che il "Centro
Missionario Pime" di
Milano
ha in atto ad Haiti già da anni, attraverso il sostegno offerto all’opera del
"Missionario Laico"
Maurizio
Barcaro, promotore della
"Fondazione Lakay Mwen"
("Casa mia", in "Creolo"), che in questo "Paese"
poverissimo opera a favore degli "anziani abbandonati" e dei
"minori".
Grazie anche alle tante persone che hanno risposto al "Progetto"
promosso dal "Pime" (a cui è ancora possibile aderire), sono già
stati realizzati alcuni fondamentali "interventi".
Ce ne parla lo stesso Maurizio, durante una sua breve visita a Milano.
«Gli "Haitiani" sono un
"popolo" molto "credente" – premette Maurizio – ,
mettono sempre Dio al centro. Non c’è "frase" che non si concluda
con l’espressione: "Se Dio vuole...". Ma è una "fede" in
cui c’è anche tanta "confusione". Anche di fronte all’esperienza
del "terremoto", la gente si pone in termini "religiosi": c’è
il "senso di colpa", dicono che Dio li ha puniti per i loro
"peccati". Ma c’è – in qualche modo – anche un’idea di
"Redenzione": pensano che questa "prova" sia il
"segno" che Dio vuole una Haiti "migliore". In fondo, è
proprio il discorso della "Morte" e della "Resurrezione".
Dalle "macerie" si vorrebbe nascesse finalmente "un vero
Paese". Ed è un modo per andare oltre anche a un certo "complesso di
inferiorità", diffuso tra la gente di questa terra».
Non è comunque una sfida facile, perché la situazione è ancora molto grave.
«Ci sono tuttora mezzo milione di persone che vivono neanche in
"tendopoli" organizzate, ma in "tende" di fortuna –
racconta Barcaro – . E poi c’è la paura sul "futuro": quanto
resteranno le grandi "Organizzazioni Internazionali"? E quanti
bambini, delle famiglie che hanno perso tutto, non ritorneranno più a
"scuola"? Poi ci sono i giovani che hanno perso le speranze, che non
vedono più un "futuro". La "confusione" è ancora tanta.
Per fortuna hanno deciso di rinviare di due anni le "Elezioni
Presidenziali", che dovevano tenersi nel 2010. Ma non è stata una scelta
scontata: c’erano "politici" che volevano che comunque si votasse,
per sfruttare la "tragedia" a proprio vantaggio...».
Eppure ha un senso nutrire comunque "fiducia". «Siamo tornati
praticamente all’"anno zero" per questo "Paese" –
continua Maurizio Barcaro – , ma questo è comunque un "popolo"
forte: è già passato attraverso 200 anni di una storia fatta di
"sofferenze" e "dittature". Hanno una capacità
straordinaria di sopravvivere».
La "Fondazione Lakay Mwen", che il "Pime" da anni sostiene,
ha realizzato alcuni "interventi" per venire incontro ad almeno alcune
delle numerose situazioni di "emergenza": «Abbiamo cercato subito di
dare un "riparo" ai nostri "anziani", ed abbiamo quasi
finito di ricostruire le loro case – racconta Barcaro – . Abbiamo anche
iniziato a riparare le aule della "Scuola St. Camille". Le
attività con i ragazzi sono ricominciate, anche se per ora hanno ancora paura a
rientrare nell’edificio. Svolgiamo delle attività all’aperto, tipo
"campo estivo"».
Si guarda però già avanti, alla "seconda fase" dell’"emergenza".
E proprio a questo verranno destinati gli "aiuti" raccolti attraverso
il "Progetto Emergenza Haiti" del "Pime". «Presto i "Militari
Americani" e il
"Pam"
("Programma Alimentare Mondiale") se ne andranno, e temiamo
che ci sarà di nuovo penuria di "cibo" – continua il
"Missionario Laico" – . Così ci stiamo attrezzando per essere in
grado di fornire "aiuti" almeno per un paio di mesi. Ma soprattutto c’è
un aspetto che a me sta a cuore: la situazione delle famiglie. Perché una
"scuola", un "ospedale", un "centro di assistenza"
trovano chi li aiuta a ricostruire, ma a una famiglia che ha perso tutto chi ci
pensa? Per questo, d’accordo con il "Pime", destineremo una parte
dei "fondi" raccolti a piccoli "finanziamenti" per aiutare
le famiglie a rimettersi in piedi».
È l’Haiti che prova a "ricominciare", nella difficile quotidianità
del "dopo-terremoto"!