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MISSIONE BANGLADESH

La "cittadella" di Padre Baio

A Kewachala, cittadina bengalese a "Nord" della capitale Dhaka,
Padre Gianantonio Baio ha realizzato, in pochi anni, una "cittadella cristiana".
Padre Piero Gheddo, che l’ha visitata, ce ne racconta la storia.

P. GIANANTONIO BAIO, Missionario del Pime in Bangladesh!

P. Piero Gheddo
("Missionari del Pime", Ottobre 2009)

Ho visitato in auto il "Nord" di Dakha dove sorgono le nuove "zone industriali". Non mi è mai capitato di vedere l’occupazione così rapida di un vasto territorio agricolo da parte della "megalopoli" che avanza a ritmo sostenuto. Si costruiscono ovunque "capannoni industriali", magazzini, palazzi per uffici, "supermercati" e "falansteri" attaccati l’uno all’altro per i lavoratori. Poche le piazze, poche le "Moschee" (almeno quelle visibili) e non ho visto un solo parco né campo da gioco. Poche le "baraccopoli" sempre presenti dove la città avanza. Qui si parte subito da una massiccia occupazione di fabbriche quasi senza terreni liberi; ma le "città-satelliti" di Dhaka sono da incubo. In meno di dieci anni si passa da un ambiente "rurale" tradizionale e "primitivo" a una frenetica città che produce ed esporta tessuti e vestiti giorno e notte (i turni di lavoro sono quasi tutti continuativi). Il modello moderno di vita, rumoroso e aggressivo, allettante e deprimente, è imposto a milioni di giovani che vengono dalle campagne, disposti ad accettarlo per sopravvivere e col "miraggio" dell’abbondanza e della ricchezza.
Il Superiore Regionale del
"Pime" in Bangladesh, Padre Francesco Rapacioli, mi dice: «Non so quale altro popolo potrebbe sopportare uno "shock" così terribile, oltre a quello "bengalese" che è psicologicamente robusto, forte lavoratore che si adatta a tutto, ottimista per natura e per necessità, si piega ma non si spezza. In questa difficile condizione umana la "Chiesa" deve portare la "Buona Notizia" che è nato Gesù il "Messia", il "Liberatore"». E mentre andiamo a Kewachala, 30-35 km. a "Nord" di Dhaka, Rapacioli mi spiega che prima di Padre Baio c’era un Sacerdote "diocesano", Padre Dominic Rosario, di ottimo "spirito missionario". Lavorava in Parrocchia a Dhaka ma veniva una volta al mese a Kewachala per radunare e assistere i cattolici "dispersi", dopo avervi costruito una Cappella e una "baracca" per sua abitazione. Non poteva assicurare la sua presenza sul posto e non aveva i mezzi per acquistare il terreno necessario per Chiesa e Parrocchia.
«Nel 2003 l’Arcivescovo di Dhaka – continua Padre Rapacioli – si rivolge a noi del "Pime" invitandoci a mandarvi un Missionario italiano. Proprio in quel tempo,
Padre Gianantonio Baio, in Bangladesh dal 1974, stava ritornando in missione dopo otto anni trascorsi a Milano come Superiore Regionale del "Pime". Così, è stato destinato lui a fondare la nuova Parrocchia a Kewachala, dove arriva nel Dicembre 2004».
Sono stato una giornata con Padre Baio, che mi porta a visitare la "cittadella cristiana" che ha costruito partendo quasi da zero. La grande e bella Chiesa, la scuola elementare, quella media ("high school") che entrerà in funzione nei prossimi mesi, il "pensionato" ("boarding") per 80 giovani che studiano o lavorano in città, il "Centro Pastorale Parrocchiale"; adesso progetta di iniziare il "Centro Sociale" per permettere ai cristiani di incontrarsi e socializzare, giocare, partecipare a qualche festa e "incontri comunitari". Poi ci sono casette per i dipendenti, un campo di calcio, un grande orto e stalle per animali domestici. Insomma, comperando i terreni in anticipo, gli spazi ci sono, la Parrocchia non nasce "asfittica" come altre in centro città! La "casa parrocchiale" Padre Baio non l’ha ancora costruita, per il momento vive nella "baracca" di Padre Dominic col tetto di lamiera. «Fa un po’ troppo caldo d’estate – dice – ma quando sei stanco dormi lo stesso».
Chiedo a Padre Baio come ha fatto a realizzare tutte quelle opere in così poco tempo. «Sono arrivato appena in tempo», mi dice. «Cinque anni dopo, i prezzi dei terreni si sono quadruplicati, perché sorgono continuamente nuove fabbriche e "case popolari". Oggi non ci sarebbe più posto per la Chiesa perché il terreno, oltre a costare troppo, non si trova più. Mi chiedo anch’io come ho fatto e non so dare una risposta! Il Signore mi ha aiutato a trovare i "benefattori". Io comperavo i terreni e facevo piani per la Parrocchia e i soldi arrivavano puntuali quando ne avevo bisogno. Oggi, se rivendessi tutto, mi darebbero quattro volte tanto!».
Un altro Missionario del "Pime",
Padre Ezio Mascaretti, che è "geometra-architetto" ed è in Bangladesh da una trentina d’anni, ha fatto un "piano" generale delle costruzioni e degli spazi e poi, uno dopo l’altro, i "progetti" dei vari edifici. «Dove cinque anni fa non c’era quasi nulla di "cristiano" – commenta Padre Baio – adesso c’è un "Centro" della Chiesa che tutti ammirano e i nostri cattolici sono orgogliosi di portarvi i loro amici a visitarlo. Anche questo serve per sostenere la fede di questi poveri tra i poveri, che fanno sacrifici enormi per sopravvivere e costruirsi un futuro migliore».