Dalla Brianza alla Birmania,
l’"orfano" che diventò «Patriarca»
"Missionario"
del "Pime", per 65 anni, nel "Paese Asiatico".
Ha «liberato» migliaia di "ragazzi".
Gerolamo
Fazzini
("Avvenire",
26/6/’11)
La guarigione improvvisa, totale
ed inspiegabile di un ragazzo Birmano, Joseph
Tayasoe, caduto da
un albero e in coma per quattro giorni, è il Miracolo che, nel 1998, a dieci
anni dalla Morte di Padre
Clemente Vismara
(avvenuta il 15 Giugno 1988, a Mong
Ping, in Myanmar),
ha permesso il definitivo via libera alla "Beatificazione"
del Missionario
del "Pime".
Ma non meno singolare e sorprendente è l’esistenza stessa di questo
Religioso. Il quale, nel 1978, alla veneranda età di ottant’anni, scriveva:
«Tra vittorie e sconfitte, mi trovo sul campo da 55 anni e sempre battagliero!
La vita è fatta per esplodere, per andare più lontano... Se rimane costretta
entro i suoi limiti non può fiorire, se la conserviamo solo per noi stessi la
si soffoca!».
Chi lascia un "Testamento
Spirituale" del
genere – ne converranno i "Lettori" – , è una persona fuori dal
comune.
Vismara lo è, a pieno titolo: basti ricordare che si è speso, per ben 65 anni,
tornando in Italia una sola volta, nel famigerato «Triangolo d’Oro», quell’area
pericolosa che sta tra la Birmania
(oggi Myanmar), la Thailandia
e il Laos.
Nell’arco di un’intensa vicenda Missionaria che ha pochi eguali (parola di
un "Cronista" di razza, quale Giorgio
Torelli), Padre
Vismara ha accolto, sfamato, istruito, educato alla Fede
e allo sviluppo integrale quattro generazioni di ragazzi: oltre diecimila
giovani, alcuni dei quali "comprati" (nel senso "letterale"
del termine), pur di sottrarli a un destino di abbandono e solitudine. Una
condizione che Padre Vismara conosceva benissimo, essendo egli stesso rimasto
orfano di entrambi i genitori all’età di sette anni.
La sua passione Educativa, la sua cordialità – lo chiamavano «il Prete che
sorride» – , la sua instancabile vitalità – ha cotto con le sue mani
qualcosa come 750mila mattoni per costruire case, Chiese, Orfanotrofi... –
hanno fatto sì che la Chiesa Locale lo indicasse come «Patriarca della
Birmania». Non che sia stato un gioco conquistarsi sul campo un titolo del
genere. Anzi!
Scriveva Padre Vismara, nel 1974: «Sono ormai cinquant’anni che mi trovo in
Birmania, e questa gente ancora non è persuasa che io sia un galantuomo, e non
un sovversivo!». Eppure – annota Padre Clemente, ripercorrendo con il suo
stile scanzonato decenni di tormentata Storia della Birmania – «c’erano gli
Inglesi, sono scappati e io rimasi sul posto! Vennero i Cinesi, sono scappati e
io rimasi sul posto. Vennero i Siamesi, sono scappati e io rimasi sul posto.
Vennero i Giapponesi, sono scappati e io rimasi sul posto. Tornarono gli
Inglesi, sono scappati e io rimasi sul posto. Vennero i Birmani, e io mi trovo
ancora sul posto: e per quante restrizioni possano mettermi, non intendo cedere
alla mia consegna!». «Naturalmente – è il "finale" – dubito
della mia fortezza, ma oggi come oggi intendo morire con lo zaino in spalla!».
In questa ostinata, "Santa" fedeltà c’è tutto il "Brianzolo"
Vismara – nato ad Agrate
Brianza, il 6
Settembre 1897; Alunno del Seminario di Seveso nel 1913, dove matura la
decisione di farsi Missionario; entrato nel "Pime" ("Pontificio
Istituto Missioni Estere") nel 1920, Ordinato Prete il 26 Maggio 1923. Ma
Padre Clemente, così tenace nella sua fiducia nella Provvidenza – come hanno
testimoniato le Suore di "Maria
Bambina", che
gli sono state accanto – , è lo stesso che dalla Fede incrollabile attinge
uno sguardo ironico sulla vita, perfino su se stesso. Al punto da scrivere:
«Speranze ne ho: l’ambiente è buono! Eppure? Mi manca una cosa che non so
trovare, la quale dia l’ultimo spintone e cacci tutta questa gente nell’ovile!
Che può essere? Il non trovarla mi è di tormento. Forse che io non sia ancora
riuscito a "convertire" me stesso? Ci fosse qui un "Santo",
forse per lui sarebbe cosa da nulla!». Oggi, 26 Giugno 2011, onoriamo un "Santo",
che non sapeva di esserlo!