Conferenza Episcopale Italiana
Lettera
I - LE DOMANDE CHE CI UNISCONO | II - |
III - COME INCONTRARE IL DIO DI GESÙ CRISTO |
1. FELICITÀ E SOFFERENZA | 6. GESÙ | 11.
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2. AMORE E FALLIMENTI | 7. IL CRISTO | 12. L’ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO |
3. LAVORO E FESTA | 8. DIO PADRE, FIGLIO E SPIRITO | 13. I SACRAMENTI, LUOGO DELL’INCONTRO CON CRISTO |
4. GIUSTIZIA E PACE | 9.
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14. IL SERVIZIO |
5.
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10.
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15.
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Siamo
fatti per amare. L’amore dà la vita e vince la morte: “Se c’è in me una
certezza incrollabile, essa è quella che un mondo che viene abbandonato
dall’amore deve sprofondare nella morte, ma che là dove l’amore perdura,
dove trionfa su tutto ciò che vorrebbe avvilire, la morte è definitivamente
vinta” (Gabriel Marcel). Ne siamo consapevoli, anche quando le parole che
pronunciamo e i fatti di cui è intessuta la nostra esistenza non sono in grado
di esprimere quello che abbiamo intuito e che desideriamo. Ci fanno paura le
persone aride, spente nella voglia di amare e di essere amate.
L’amore
è irradiante, contagioso, origine prima e sempre nuova della vita. Per amore
siamo nati. Per amore viviamo. Essere amati è gioia. Senza amore la vita resta
triste e vuota. L’amore è uscita coraggiosa da sé, per andare verso gli
altri e accogliere il dono della loro diversità dal nostro io, superando
nell’incontro l’incertezza della nostra identità e la solitudine delle
nostre sicurezze.
Imparare
ad amare
Quella dell’amore è la storia più personale della nostra esistenza. Riconosciamo i percorsi e proclamiamo gli eventi che la punteggiano. Ma ci troviamo spesso affaticati, stanchi, sollecitati a fermarci al bordo della strada a causa di delusioni e incertezze.
Riconosciamo
che nella via dell’amore c’è sempre una provenienza, un’accoglienza e un
avvenire. La provenienza è l’uscire da sé nella generosità del dono, per la
sola gioia di amare: l’amore nasce dalla gratuità o non è. L’accoglienza
è il riconoscimento grato dell’altro, la gioia e l’umiltà del lasciarsi
amare. L’avvenire è il dono che si fa accoglienza e l’accoglienza che si fa
dono, l’essere liberi da sé per essere uno con l’altro e nell’altro, in
una comunione reciproca e aperta agli altri, che è libertà.
Tutto
questo è difficile. Mille ostacoli attraversano il cammino e spesso lo
bloccano. Basta uno sguardo al mondo dei rapporti umani, per constatare
l’evidenza di tanti fallimenti dell’amore, un’evidenza che appare perfino
chiassosa e inquietante. Siamo fatti per amare e scopriamo quasi di non esserne
capaci. Originati dall’amore, ci sembra tanto spesso di non saper suscitare
amore.
Perché?
Ce lo chiediamo quando la nostalgia di esperienze di amore intense e limpide
attraversa la nostra esistenza e colora i nostri sogni. Qualcuno, raccogliendo
le parole dalla sua esperienza, suggerisce ragioni e prospettive di questa
fatica di amare, tutte, comunque, da verificare in prima persona. Sono la
possessività, l’ingratitudine e la tentazione di catturare l’altro le forme
che più comunemente paralizzano il cammino dell’amore.
La
possessività paralizza l’amore perché impedisce il dono, bloccando il cuore
in un avido e illusorio accumulo di ricchezza per sé. L’ingratitudine è
l’opposto della riconoscenza gioiosa. Impedisce l’accoglienza dell’altro e
impoverisce l’anima, perché dove non c’è gratitudine, il dono stesso è
perduto. La cattura è frutto della gelosia, e insieme della paura di perdere
l’istante posseduto: in una sorta di sazietà illusoria essa chiude lo sguardo
verso gli altri e verso l’avvenire. Come superare queste resistenze? Come
divenire capaci di amare oltre ogni possessività, ingratitudine e prigione del
cuore? Chi ci renderà capaci di amare?
Rinascere
sempre di nuovo nell’amore
Abbiamo
cercato parole per dire il nostro amore, quello che ci fa nascere, vivere e
sperare. Abbiamo dovuto usare parole amare, come delusione, fallimento,
tradimento, incertezza, chiusura, egoismo. Non tutto è così, per fortuna.
La
nostra esperienza di amore sa rinascere. Parliamo di fallimento proprio perché
sogniamo esperienze diverse. Sogniamo esperienze nuove perché altri, amici
vicini o sconosciuti, ci restituiscono fiducia nell’amore e sicurezza nella
sua vittoria, nonostante tutto.
Davvero
lo scontro tra amore e tradimento mette la nostra esistenza in una condizione di
inquietudine, che scopriamo sempre presente e nuova, anche quando ci sembra
d’averla superata e risolta. Nel silenzio del nostro cuore inquieto troviamo
una domanda che avvolge tutto il mistero del nostro esistere e che si proietta
in avanti, anche quando sperimentiamo risposte che sembrano soddisfacenti.
Soprattutto
deve diventare veramente nostra la risposta che ognuno di noi darà a questa
domanda. Ciascuno è chiamato a esprimerla nella sua storia personale e a dire a
se stesso le sue buone ragioni per amare e superare le resistenze ad amare a
partire dal proprio vissuto. La solidarietà che ci lega ci spinge però a
rompere il silenzio per farci ciascuno proposta agli altri.
Sì:
c’è in noi un immenso bisogno di amare e di essere amati. Davvero, “è
l’amore che fa esistere” (Maurice Blondel). È l’amore che vince la morte:
“Amare qualcuno significa dirgli: tu non morirai!” (Gabriel Marcel). Eugenio
Montale esprime intensamente questo bisogno, che è insieme nostalgia, desiderio
e attesa, nei versi scritti dopo la morte della moglie, dove è proprio
l’assenza della persona amata a far percepire l’importanza dell’amore, che
vive al di là di ogni fragilità e interruzione:
Ho
sceso, dandoti il braccio,
almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.