Conferenza Episcopale Italiana
Lettera
I - LE DOMANDE CHE CI UNISCONO | II
- |
III - COME INCONTRARE IL DIO DI GESÙ CRISTO |
1. FELICITÀ E SOFFERENZA | 6. GESÙ | 11.
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2. AMORE E FALLIMENTI | 7. IL CRISTO | 12. L’ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO |
3. LAVORO E FESTA | 8. DIO PADRE, FIGLIO E SPIRITO | 13. I SACRAMENTI, LUOGO DELL’INCONTRO CON CRISTO |
4. GIUSTIZIA E PACE | 9.
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14. IL SERVIZIO |
5.
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10.
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15.
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8.
DIO PADRE, FIGLIO E SPIRITO
Nella
tradizione evangelica è riportato il modo di pregare di Gesù, che si rivolge a
Dio chiamandolo con l’appellativo familiare aramaico Abbà,
cioè Padre. Sullo stile dei Salmi, egli loda e benedice il Padre, creatore del
mondo e Signore della storia, perché sceglie come destinatari della sua
rivelazione i “piccoli”, quelli che non possono rivendicare diritti e
privilegi. A questi Gesù si presenta come il “Figlio”, l’unico che rende
possibile l’incontro e la piena comunione con il Padre. Di fronte alla
prospettiva della morte imminente Gesù trova la radice della sua libertà di
Figlio nell’abbandono fiducioso al Padre.
Secondo
la tradizione raccolta nel Vangelo di Luca la preghiera di Gesù, che benedice
il Padre per la scelta dei piccoli, avviene sotto l’impulso dello Spirito
Santo. In occasione del suo battesimo nel fiume Giordano, lo Spirito di Dio
scende su Gesù e lo accompagna nella sua missione, che sarà caratterizzata dal
“battesimo” nello Spirito Santo. Giovanni il Battista proclama: “Colui che
mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: ‘Colui sul quale vedrai
discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo’. E
io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio” (Giovanni
1,33-34).
La
tradizione del quarto Vangelo mostra Gesù che, alla sera di Pasqua, si presenta
ai discepoli come il Signore risorto, incaricandoli di continuare la missione
che egli ha ricevuto dal Padre. Con un gesto, che evoca la creazione
dell’essere umano reso vivente dal soffio di Dio, Gesù comunica ai discepoli
lo Spirito Santo per la remissione dei peccati. Così, il Risorto dà compimento
alla promessa fatta ai discepoli prima della sua morte di inviare un altro
Paraclito - “Consolatore” e “Difensore” -, lo Spirito Santo, Spirito di
verità, per portare a compimento la sua rivelazione e testimonianza nel mondo.
Secondo la tradizione dei primi tre Vangeli, ai discepoli che condividono il suo
progetto e lo seguono nella persecuzione, Gesù promette il dono dello Spirito
Santo che darà loro forza e sapienza per rendergli testimonianza davanti ai
magistrati e alle autorità.
Dalle
parole di Gesù, conservate e trasmesse nei Vangeli, si intuisce che egli vive
un rapporto profondo e unico con Dio, il Padre, al punto che può presentarsi
come “il Figlio”. Quando parla dello Spirito Santo, Gesù riconosce che
viene da Dio, il Padre, come lui stesso è stato mandato dal Padre. Su questa
esperienza di Gesù si innesta la fede in Dio Padre, Figlio e Spirito dei primi
discepoli e delle comunità cristiane, fondate da san Paolo e dagli altri
apostoli nelle città dell’impero romano.
“Io
e il Padre siamo una cosa sola”
L’approfondimento
della fede in Dio Padre, Figlio e Spirito, avviene nelle prime comunità
cristiane che si confrontano con la radice ebraica, in cui si riconosce che Dio
è “un solo Signore”. Nella tradizione del Vangelo di Giovanni si proclama
apertamente che solo per mezzo di Gesù Cristo, il Figlio, si conosce l’unico
Dio vivo e vero. Dio, che nessuno ha mai visto e udito, si fa vedere e ascoltare
per mezzo di Gesù Cristo, il solo che lo ha visto e udito. Gesù non è un
altro Dio, ma il Figlio che dice le parole udite dal Padre e compie le opere che
il Padre gli ha mostrato e comandato di fare. Nel dialogo con i discepoli prima
della sua morte, Gesù trascrive il suo rapporto con Dio in questa
dichiarazione: “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Giovanni 14,9).
Nella
tradizione giovannea, attestata nella prima Lettera che porta il nome di
Giovanni, si esplicita la rivelazione di Dio Padre in Gesù Cristo, il Figlio
unico di Dio. Solo chi si lascia coinvolgere nel dinamismo dell’amore che
viene da Dio scopre il volto del Padre. L’amore di Dio, che precede ogni
risposta umana, si manifesta nella storia in Gesù Cristo, il Figlio unico
inviato dal Padre, colui che affronta la morte come massima espressione del suo
amore. Chi fa esperienza di questo amore riconosce che Dio è amore. Il sigillo
e la conferma di questa esperienza di amore di Dio Padre, nel Figlio suo Gesù
Cristo, è il dono permanente dello Spirito Santo.
Un
solo Dio
Nel
dialogo con le sue comunità san Paolo esprime la fede in Dio, Padre, Figlio e
Spirito, che egli ha ricevuto dalla prima Chiesa e ha loro trasmesso.
Nell’ambiente religioso greco-romano, dove a livello popolare si crede in una
pluralità di dèi, san Paolo afferma la fede tradizionale cristiana: “Per
noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui;
e un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e
noi esistiamo grazie a lui” (1Corinzi 8,6). In questa dichiarazione, che
si ispira al linguaggio della cultura greca, confluiscono sia la fede
tradizionale ebraica sia quella cristiana: l’unico Dio è il Padre che si fa
conoscere e opera per mezzo del Signore Gesù Cristo.
Alla
fede in Dio, Padre, Figlio e Spirito, si richiama san Paolo quando parla
dell’esperienza battesimale e dei doni spirituali, detti “carismi”. Per
mezzo della fede battesimale i cristiani partecipano della vita di Gesù Cristo,
il Figlio che il Padre ha inviato per liberare tutti i credenti. La fonte e la
garanzia della condizione di libertà è il dono dello Spirito che ispira la
preghiera filiale dei cristiani.
Nella
prima lettera indirizzata ai cristiani di Corinto, che provengono da
un’esperienza di vita moralmente disordinata, san Paolo ricorda che sono stati
purificati, resi santi e giusti, grazie al bagno battesimale nel nome del
Signore Gesù Cristo e nello Spirito di Dio. Di fronte al rischio di servirsi
dei carismi per contrapporsi gli uni agli altri, Paolo ricorda ai cristiani che
i doni di Dio sono diversi e molteplici e provengono dallo stesso Spirito, dallo
stesso Signore e da un solo Dio, “che
opera tutto in tutti” (12,6).
Il
Dio, che Gesù ci ha rivelato, non è solitario e chiuso in se stesso: è il Dio
che è in se stesso dono e che si dona a noi, il Dio che è amore. Come attesta
la prima lettera di Giovanni, “in questo
si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo
Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta
l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha
mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati… E noi
abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi
rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (4,9-10. 16).
È
l’amore la via che ci fa conoscere il Dio di Gesù: “Chi
non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (4,8). Da sempre Dio
è amore: è colui che ama; colui che è amato e ricambia l’amore; è in
persona il vincolo che unisce chi ama e chi è amato. Scrive sant’Agostino:
“Le persone divine sono tre: la prima che ama quella che da lei nasce, la
seconda che ama quella da cui nasce e la terza che è lo stesso amore” (De
Trinitate 6, 5, 7). Questi tre sono uno: non tre amori, ma un unico, eterno
e infinito amore, l’unico Dio che è amore. È ancora sant’Agostino ad
affermare: “Vedi
La
beata Elisabetta della Trinità testimonia con questa bellissima preghiera come
la creatura possa essere resa partecipe del dialogo d’amore dei tre che sono
uno:
Mio
Dio, Trinità che adoro,
aiutami a dimenticarmi interamente di me per stabilirmi in Te,
in un’immobile quiete come se la mia anima fosse già nell’eternità;
che nulla possa turbare la mia pace
o farmi uscire da Te, mio immutabile Bene,
e ogni istante mi porti più dentro
nelle profondità del Tuo mistero.
Pacifica la mia anima, fanne il Tuo cielo,
la
Tua
dimora preferita e il luogo del
Tuo riposo:
che
io non Ti lasci mai solo,
ma sia totalmente in Te,
in tutto vigile nella fede, in totale adorazione,
nel completo abbandono alla Tua azione creatrice...
O miei Tre, mio Tutto, mia Beatitudine,
Solitudine infinita, Immensità in cui mi perdo,
mi consegno a Voi come una preda.
SeppelliteVi
in me perché mi seppellisca in Voi,
in attesa di venire a contemplare nella Vostra luce
l’abisso
delle Vostre grandezze. Amen!
(Elevazione
alla Santissima Trinità, 21 novembre 1904)