Le "aperture" del "Regime", il "ruolo" di Washington

RITAGLI     Quando la "pressione" serve,     BIRMANIA
Myanmar verso la fine dell’"incubo"

AUNG SAN SUU KYI: "Premio Nobel per la Pace", finalmente liberata, dopo gli arresti domiciliari, in Birmania!

Gerolamo Fazzini
("Avvenire", 20/11/’11)

Cinquant’anni fa, nel Novembre 1961, il Birmano U. Thant subentrava a Dag Hammarskjöld, diventando il terzo "Segretario Generale" delle "Nazioni Unite" della storia! Mezzo secolo fa la Birmania – come allora si chiamava il Myanmar – era altra cosa rispetto al Paese politicamente marginale ed economicamente fragile qual è ora. L’attuale "Aeroporto Nazionale" di Yangon (fino a pochi anni fa Capitale del Paese) era allora un "Hub" Internazionale e svolgeva il ruolo che, ormai da decenni, in quell’area esercita Bangkok. A quell’epoca, in Birmania, Colonia Britannica, i ragazzi a scuola imparavano l’Inglese. E se questo rappresentava indubbiamente un esempio di invasione culturale, era però anche un fattore di apertura all’esterno. Tanto significativo che, andata al potere nel 1962, la Giunta Militare abolì l’insegnamento dell’odiata lingua straniera nelle scuole. Lo scenario descritto delinea la portata del cambiamento che ci si augura possa accadere in Myanmar, ora che nel Paese la situazione si va facendo via via più fluida! È presto, ovviamente, per salutare il rientro dell’"Ex-Birmania" a pieno titolo nella Comunità Internazionale. Ma gli eventi di questi giorni lasciano sperare che una breccia, nella plumbea "cappa" sotto la quale il Paese vive da decenni, possa finalmente aprirsi. Ricapitoliamo! Aung San Suu Kyi sta per tornare, finalmente, sulla scena politica. La storica "anima" della "Lega Nazionale per la Democrazia" (Nld), "Premio Nobel per la Pace 1991", ha trascorso agli arresti 15 anni negli ultimi 21 e fino a pochi mesi fa era tenuta sotto completa sorveglianza. L’altro ieri il suo Partito ha deciso di rientrare nell’"agone politico" e di correre alle Elezioni per il Parlamento. Si tratta di un gesto importante: un anno e mezzo fa, nella Primavera 2010, in vista del Voto svoltosi poi a Novembre, la "Nld" aveva deciso di boicottare le Urne, per protesta. Da quelle Elezioni, si ricorderà, uscì un Governo "Civile", ma a giudizio di molti ancora assai contiguo alla vecchia guardia. Che oggi San Suu Kyi sia disponibile a tornare in campo, è senz’altro una buona notizia!
Così come fa sperare il fatto che il Presidente degli
Stati Uniti dichiari di non voler lasciarla sola, nella lotta per le riforme e la Democrazia: l’ha fatto nelle ultime ore, parlando al telefono con la "Leader" dell’"Opposizione" Birmana.
L’annunciata Visita in Myanmar della Clinton, in programma per Dicembre, promette di confermare questa volontà: un segno di svolta nella politica degli "Usa", che da anni avevano scelto la via delle sanzioni economiche al Governo (fino ad ieri "Regime") Birmano. Ma almeno un paio di interrogativi rimangono sul tappeto! Quella Birmana è soltanto una causa nobile e "trendy" (
Luc Besson ha fatto un "Film" su "The Lady"), un’occasione con la quale Obama può provare a riguadagnare all’estero parte del consenso perduto in Patria, oppure siamo in presenza di una scelta di non ritorno? E quanto è disposto il Presidente "Usa" a scommettervi, conoscendo le ripercussioni poco gradite in casa "Cinese"? L’altra questione irrisolta è questa: le ultime mosse del Governo (le apertura in politica, la liberazione di alcuni prigionieri politici, l’annuncio di riforme economiche) vanno salutate come la spia di un effettivo cambiamento, oppure si tratta di fumo negli occhi, lanciato dal Myanmar ai colleghi "Asiatici" per portare a casa la "Presidenza" dell’"Asean" nel 2014? Il Ministro Birmano dell’"Informazione" giura che le riforme sono irreversibili, e chiede di cancellare le sanzioni. Ma dal fronte degli "attivisti" per i "diritti umani", la musica che arriva è bene diversa. Il tempo dirà chi ha ragione! Un dato, tuttavia, appare chiaro: anche i "Regimi" più chiusi, quando la Comunità Internazionale esercita un "assedio pacifico" ma costante, vengono a patti. Una lezione che dovremmo ricordarci, ogni volta che preferiamo pensare che l’impegno su questi fronti non serva!